Autore: frank

  • La Cina come superpotenza

    Prima di tutto vorrei attirare l’attenzione sul fatto che non c’è molto accordo circa il presente e il futuro della Cina. Vedi l’immagine in calce. Secondo me, e ripeto secondo me, quest’idea che la Cina stia per diventare una superpotenza è sbagliata e la Cina stessa ha dichiarato di ritenere la cosa improbabile. Questo per molteplici ragioni.

    Si parte dal fatto Che la Cina non è interessata al mondo, e vuole essere lasciata il più possibile in pace. So che molti non la vedono così, ma si sbagliano. Nel XVIII secolo dopo la guerra dell’oppio gli stranieri sventrarono con inaudita violenza la Cina, dando inizio a quello che i cinesi stessi chiamano il secolo dell’umiliazione. Gli europei hanno dimenticato la guerra dell’oppio, i cinesi NO. Tutto quello che fanno è, dal loro punto di vista, in chiave di difesa. Infondo sono gli americani sulla loro porta di casa, armati fino ai denti ed aggressivi come non mai. La base di Okinawa da sola basta e avanza a giustificare le preoccupazioni della Cina. Che io sappia, la Cina non è una minaccia mortale per gli Stati Uniti.

    La sua popolazione poi e contemporaneamente scarsa ed eccessiva. Insufficiente perché non ha una percentale adeguata di giovani. Sono i giovani che mantengono i vecchi. Uno non paga la pensione per mettere via denaro per mantenere se stesso. Si paga la pensione per mantenere chi è in pensione adesso.

    La politica di concedere un figlio solo per famiglia ha avuto il suo risultato inteso, quello di fermare la crescita della popolazione, ma ha anche avuto questo effetto collaterale indesiderato. Al contrario degli Stati Uniti, alla Cina mancano i giovani.

    Per non parlare del problema della equa distribuzione del reddito. Se pensate che gli Stati Uniti siano ingiusti, non sapete quanto lo sia la Cina.

    Infine, la Cina è istintivamente isolazionista. In questi due secoli è cambiato molto, ma storicamente ad ogni apertura è sempre corrisposta una chiusura più tardi.al contrario degli Stati Uniti, la Cina non è inclusiva, non desidera e non accoglie volentieri gli stranieri. Se ne sta bene a casa sua, e le grandi migrazioni di cinesi sono tutte recentissime, al massimo un paio di secoli fa. Tutto questo non la rende un candidato ideale per il ruolo di superpotenza. Lo sarà solo in un teatro. L’estremo oriente.

    La mancanza di interesse nel mondo della Cina è visibile chiaramente nell’immensa area di influenza indiana, che si manifesta in un uso di metodi di scrittura derivati dal sanscrito. I paesi che usano in qualche misura i caratteri cinesi sono tre, oltre naturalmente la Cina. Alla Cina sta bene così

    La Cina è sempre stata, e tuttora e sempre sarà la potenza dominante di quello che io chiamo in paese dei kanji, che sarebbe poi il piccolo paradiso economico che Cina, Taiwan, Corea e Giappone si sono costruite, una specie di mini comunità europea. La Cina vuole con tutta se stessa dominare il paese dei kanji e quindi necessariamente espellere gli Stati Uniti perché secondo lei ne va della sua sicurezza

    È mia convinzione che gli Stati Uniti non potranno fare a meno prima o poi di ritirarsi in buon ordine e lasciare la supremazia nel paese dei kanji a chi compete di diritto. Gli Stati Uniti non possono vincere una guerra con la Cina, perché la Cina combatterebbe per difendere se stessa, quindi è disposta a perdite umane, anche altissime, per difendere se stessa. Mao Zedong ha perso un figlio nella guerra di Corea, la cui vera ragione di essere era di impedire agli americani di raggiungere il fiume Yalu, il tradizionale confine fra Cina e Corea. I cinesi assolutamente non volevano che gli Stati Uniti fossero in grado di minacciare la loro patria direttamente. Ed è questo che gli europei (io non mi reputo più tale. In Q inglese mi presento come un asiatico di origine europea) non vogliono mettersi in testa. La Cina, dal suo punto di vista, non è aggressiva. E non so come non darle ragione. Perfino i francesi hanno mandato una portaerei nel mare cinese, che si chiama appunto mare cinese, non mare francese.

    Gli Stati Uniti non sono disposti a perdere numeri altissimi dei loro soldati per un paese lontano. Non possono proiettare all’infinito il loro potere attraverso i continenti, e credo nell’estremo oriente il loro periodo di grazia stia per finire. Questa zona sarà il cordone sanitario di cui la Cina ha bisogno. Questo le basterà.

    Per tutti questi motivi io ritengo che la Cina non sarà mai una superpotenza.

  • Nomi segreti

    Nomi segreti

    La storia dei nomi in Giappone è legata in modo profondo a quella dei cognomi. Il diiritto ad avere una genealogia e a tenere un butsudan (un mobile di casa dove vivono i propri antenati) fu esteso al popolo da Tokugawa Hidetada nel 1637. Prima di allora solo i nobili (tutti di sangue imperiale) avevano nomi e cognomi. Notare che l’imperatore stesso non aveva cognome. Il possesso di un cognome in sé indicava l’appartenenza a un ramo cadetto della famiglia imperiale. Non solo avevano un cognome, ma ne avevano più di uno. Avevi un nome da bambino e vari da adulto, validi in circostanze diverse. Per esempio, Minamoto no Yoshisada è conosciuto come Nitta Yoshisada perché era capo clan dei Nitta, una suddivisione dei Minamoto. Poi in pratica veniva chiamato, come tutti gli altri leader, non col suo nome ma con titoli come Gosho (御所)”onorevole luogo” per motivi scaramantici, in altri termini evitare il malocchio. Non dirò altro sui nomi e cognomi dei samurai perché a essere onesto non ci ho mai capito molto. È veramente una giungla dalla quale non si viene fuori. Uno aveva vari cognomi (vedi Nitta Yoshisada). Tutto questo perché sia il nome che i cognomi dovevano illustrare la posizione dell’individuo all’interno della complessa struttura a clan della società giapponese. All’epoca della guerra fra gli Stati (dal 1467 al 1615) la storia era diventata molto diversa. I nomi si assumevano e si abbandonavano con facilità. Toyotomi Hideyoshi nacque Hiyoshi-maru, dove -maru è un suffisso infantile. Come contadino, non aveva cognomi. Scelse più tardi il nome Kinoshita Tokichirō per finire con il nome con cui è passato alla leggenda. Hōjō Sōun nacque Ise Moritoki, divenne Ise Shinkurō e finì con Hōjō Sōun, appunto. In questa fase della storia giapponese, di solito le classi meno abbienti avevano nomi ma non cognomi, come detto. Erano nomi molto diversi da quelli attuali, spesso derivati da una professione. La riforma della famiglia attuata dai Tokugawa dava il diritto di un cognome e un nome solo al capofamiglia. Le donne non avevano esistenza legale, gli uomini dopo il primogenito non avevano diritto ad un cognome, non avevano diritto ad una famiglia, anche se potevano averla dietro permesso del primogenito. Come nome avevano gli ordinali nominati da Arturo Camillacci. Vorrei fare una parentesi per spiegare il perché di Queste severissime, per non dire disumane, leggi. La questione della struttura della famiglia era legata intimamente alle ragioni della lunghissima guerra civile da cui il paese era appena uscito. Il diritto di tutti i figli maschi a ereditare, accoppiato all’ereditarietà della carica di feudatario (Gokenin) aveva portato ad un’eccessiva frammentazione del territorio coltivabile, causando una crisi alimentare e più di tre secoli di guerra praticamente continua. Tanto ci volle per ricomporre il paese sotto una sola mano. La nuova struttura della famiglia, insieme ad altre misure, serviva a garantire una pace futura nel paese. A questo punto l’uso di un cognome è comune, ma non universale. La società è divisa in quelle che sono praticamente a caste, che non hanno tutte uguali privilegi. Nel 1868 inizia la restaurazione Meiji. A tutti viene dato il diritto ad un nome e un cognome. Tutti se ne scelgono uno, spesso inventandoselo. Per questo, esistono cognomi estremamente comuni, come Tanaka e Takahashi, ma ne esistono molti altri, 100 mila in tutto, molti rari e spesso regionali. Okinawa in particolare ha cognomi suoi, come Chinen e Shimabukuro. I cognomi giapponesi odierni possono consistere di un singolo carattere, per esempio Hara (原), ma generalmente di due, come per esempio Takahashi (高橋o più. Il cognome di Okinawa Kōhiruimaki 高比類巻 ne ha quattro. Tutti erano originariamente in qualche modo descrittivi, e quindi possono venire tradotti. Tanaka vuol dire “nel campo”, Takahashi “ “Pontealto“ e così via. Penso di fare cosa gradita dando una traduzione letterale, se non un’etimologia, dei cognomi giapponesi più conosciuti da noi. Il significato originario a volte è chiaro, a volte meno. Kawasaki 川崎 Promontorio sul fiume (?) Honda 本田 Campo di origine Mitsui 三井 Tre pozzi Mitsubishi 三菱 Tre diamanti Suzuki 鈴木 albero delle campanelle Toyota 豊田 Ricco campo Makita 牧田 Pastorizia e agricoltura Un aspetto importante di qualsiasi nome o cognome sono i caratteri con cui viene scritto. Per esempio, lo shogun Ashikaga Takauji scriveva inizialmente il suo nome non 足利尊氏 ma 足利高氏. L’uso del carattere 尊 (onore) al posto di quello 高 (alto) gli fu concesso come onorificenza dell’imperatore Go-Daigo. I nomi maschili di solito sono composti da due caratteri, spesso invertibili. Ad esempio Akihiro, Hidetaka, Yoshinobu e Kazuyoshi possono diventare Hiroaki, Takahide, Nobuyoshi e Yoshikazu semplicemente invertendo l’ordine dei caratteri che li compongono. Il significato dei caratteri e di solito qualcosa come onesto, retto, chiaro e roba del genere. Le grafie possibili sono numerosissime, tanto che dal nome in caratteri romani è impossibile risalire con sicurezza al nome originario. I nomi femminili sono molto più elaborati. I suffissi tipici dei nomi femminili sono -ko (子 Akiko), -ka (Norika, Tomoka, Momoka, di solito 香, profumo, o 花 fiore), -yo 代 (nessun significato ovvio), -e (恵Yoshie) -ho (Miho o Kaho) o -na (Riona, Kana) , questi ultimi scritti in molti modi diversi. Sono presenti alcuni nomi femminili di origine europea che potevano essere scritti facilmente con caratteri cinesi. Tre esempi sono Maria, Naomi e Erena (sì, proprio Erena) Viene fatta molta attenzione ai caratteri con cui il nome si scrive e l’effetto ottenuto può essere molto diverso a seconda dei casi. Uno estremo è quello del nome Akiko, che può essere scritto in mille modi fra cui 明子 e 秋子. Il secondo carattere, ko, è un diminutivo come -etta di Simonetta. Il primo nome si scrive col carattere “luce”, il secondo nome col carattere per autunno. La pronuncia è la stessa, l’effetto è molto diverso. È quindi normale chiedere ad un nuovo amico come scrive il suo nome. Il seguente collegamento porta a un sito che elenca i cognomi e nomi più comuni in Giappone. Data and Information for Learning Japanese Un’ultima nota, poi vi lascio. Dopo la morte di un individuo, è buona norma comprargli un nome postumo, diverso da quello che aveva quand’era in vita, in modo che la sfortuna e il male non possano trovarlo/a.

  • Cenni di architettura giapponese

    Cenni di architettura giapponese

    Cenni di architettura giapponese

    Con le dovute eccezioni, i luoghi storicamente significativi a Kamakura sono luoghi di culto. Ciò è in parte dovuto al fatto che, in Giappone come in altri paesi, le istituzioni religiose hanno attirato più denaro e migliori talenti rispetto ad altri strati sociali. Infine, è successo perché i templi e i santuari, dedicati come sono agli dei, tendono a durare più a lungo. A Kamakura sopravvive pochissima architettura originale e gran parte di ciò che si vede è solo una copia, anche se fedele. Quello che non vedrete nemmeno tra le copie è la vera architettura shintoista, che è rara in Giappone e praticamente assente da Kamakura.

    Questo perché, quando arrivò il buddismo, l’idea di luoghi di culto permanenti non esisteva. I santuari venivano costruiti quando e dove necessario. L’architettura del buddismo, una religione superiore in organizzazione e in quasi qualsiasi altro aspetto allo shintō, si diffuse immediatamente. Molto è stato distrutto durante l’ondata di violenza contro i templi del XIX secolo (ho scritto più volte e a lungo. Chi fosse interessato, cerchi il termine haibutsu kishaku) , ma il buddismo si è ripreso e così ha fatto la sua architettura.

    L’architettura tradizionale giapponese è arrivata in Giappone dalla Cina insieme al buddismo e al concetto di luoghi di culto permanenti. L’architettura tradizionale giapponese è, infatti, solo una variante dell’architettura tradizionale cinese, di cui segue da vicino le idee. Stili che sono scomparsi da tempo in Cina sopravvivono in Giappone, e i cinesi a volte vengono in Giappone per studiare il loro passato architettonico.

    Questo non vuol dire che gli architetti giapponesi si siano limitati al plagio. La loro più grande abilità sta nel miglioramento graduale piuttosto che nel cambiamento drastico. L’eleganza, la semplicità e la leggerezza degli stili architettonici che si sono sviluppati in tutto il Giappone – Wayō, Daibutsuyō e Zenshūyō – sono distintamente giapponesi e in qualche modo miglioramenti rispetto al modello originale.

    L’architettura giapponese si basa su principi molto diversi da quelli dell’architettura europea, a partire dall’assenza di archi e capriate. Sospetto che ciò sia dovuto al fatto che tali elementi, per quanto forti siano alla trazione e alla compressione, sono sensibili alla torsione e alle sollecitazioni orizzontali derivanti da terremoti. Invece di archi e capriate, semplici file di pilastri sono collegate da travi trasversali con pali verticali al centro per sostenere i tetti. A Kamakura sopravvive pochissima architettura originale e gran parte di ciò che vedi è solo una copia, anche se fedele. Quello che non vedrai nemmeno tra le copie è la vera architettura shintoista, che è rara in Giappone e praticamente assente da Kamakura.

    Questo perché, quando arrivò il buddismo, l’idea di luoghi di culto permanenti non esisteva. I santuari sono stati costruiti quando e dove necessario. L’architettura del buddismo, superiore nell’organizzazione, si diffuse immediatamente. Molto è stato distrutto durante l’ondata di violenza contro i templi del XIX secolo – vedi il divorzio di Kami e buddha – ma il buddismo si è ripreso e così ha fatto la sua architettura.

    L’architettura tradizionale giapponese è arrivata in Giappone dalla Cina insieme al buddismo e al concetto di luoghi di culto permanenti. L’architettura tradizionale giapponese è, infatti, solo una variante dell’architettura tradizionale cinese, di cui segue da vicino le idee. Gli stili che sono scomparsi da tempo in Cina sopravvivono in Giappone, e i cinesi a volte vengono in Giappone per studiare il loro passato architettonico.

    Questo non vuol dire che gli architetti giapponesi si siano limitati alla copia. La loro più grande abilità sta nel miglioramento graduale piuttosto che nel cambiamento drastico. L’eleganza, la semplicità e la leggerezza degli stili architettonici che si sono sviluppati in tutto il Giappone – Wayō, Daibutsuyō e Zenshūyō – sono distintamente giapponesi e in qualche modo miglioramenti rispetto al modello originale.

    L’architettura giapponese si basa su principi molto diversi da quelli europei, a partire dall’assenza di archi e capriate. Sospetto che ciò sia dovuto al fatto che tali elementi, per quanto forti possano essere, sono sensibili alla torsione e alle sollecitazioni orizzontali derivanti dai terremoti. Invece di archi e capriate, semplici disposizioni di pilastri sono collegate da travi trasversali con pali verticali al centro per sostenere i tetti. Con rare eccezioni, luoghi storicamente significativi a Kamakura sono luoghi di culto. Ciò è in parte dovuto al fatto che, in Giappone come in altri paesi, le istituzioni religiose hanno attirato più denaro e una migliore costruzione di talenti rispetto ad altri aspetti della società. È anche in parte perché templi e santuari, dedicati come Con rare eccezioni, luoghi storicamente significativi a Kamakura sono luoghi di culto. Ciò è in parte dovuto al fatto che, in Giappone come in altri paesi, le istituzioni religiose hanno attirato più denaro e una migliore costruzione di talenti rispetto ad altri aspetti della società. È anche in parte perché i templi e i santuari, dedicati come sono agli dei, tendono a durare più a lungo.

    A Kamakura sopravvive pochissima architettura originale e gran parte di ciò che vedi è solo una copia, anche se fedele. Quello che non vedrai nemmeno tra le copie è la vera architettura shintoista, che è rara in Giappone e praticamente assente da Kamakura.

    Questo perché, quando arrivò il buddismo, l’idea di luoghi di culto permanenti non esisteva. I santuari sono stati costruiti quando e dove necessario. L’architettura del buddismo, superiore nell’organizzazione, si diffonde immediatamente. Molto è stato distrutto durante l’ondata di violenza contro i templi del XIX secolo – vedi il divorzio di Kami e buddha – ma il buddismo si è ripreso e così ha fatto la sua architettura.

    Caratteristiche generali dell’architettura tradizionale giapponese • Tutte le parti sono in legno non verniciato • Niente chiodi, quindi tutto è libero di muoversi rispetto a tutto il resto

    • Gli elementi strutturali sono sempre visibili e spesso decorati

    • La distinzione tra interno ed esterno è a volte sfocata

    • Le pareti non hanno peso e possono mancare

    • Le staffe a forma di W sostengono il tetto

    • Le dimensioni sono misurate in campate, la distanza tra due pilastri

    Uno sguardo alla struttura nella foto seguente rivela diverse importanti caratteristiche dell’architettura tradizionale giapponese. L’edificio è realizzato interamente in legno e senza chiodi. Le sue pareti non portano peso e quindi possono essere sottili e facilmente rimovibili, consentendo la rapida riconfigurazione dello spazio. Possono anche essere rimosse del tutto, come nel caso del

    I giapponesi pensano che gli elementi strutturali, i pilastri e i giunti abbiano un valore decorativo e sono quindi lasciati esposti, un’idea applicata anche a oggetti comuni come mobili e scatole come quella che segue. Notate come la struttura generale del cancello che precede – pilastri portanti, travi di supporto e cravatta, arcarecci e travi a sbalzo del tetto – sia chiaramente visibile, le sue parti decorate con sculture elaborate. Gli elementi strutturali e non strutturali sono spesso dipinti in colori contrastanti per un effetto estetico.

    Modularità

    Un’altra caratteristica importante è la modularità. Gli elementi architettonici sono limitati a determinate proporzioni misurate in multipli di un’unità chiamata campata, che è definita come la distanza tra due pilastri. Le campate in un singolo edificio tendono ad avere la stessa lunghezza, ma possono differire da edificio a edificio o anche all’interno dello stesso edificio. Essa è quindi un indicatore di proporzione piuttosto che di dimensione.

    Conta le campate nelle strutture giapponesi e scoprirai che di solito sono in numero dispari: uno, tre, cinque, sette, nove. Il sanmon raffigurato misura quattro per due pilastri ed è quindi largo tre campate e profondo due campate, proporzioni che rendono il tempio di cui il sanmon fa parte un tempio di status intermedio.

    Questa preferenza per i numeri dispari, evidente in tutta la società giapponese oggi, si basa sulla numerologia cinese. I numeri pari sono facilmente divisi e quindi deboli, femminili e negativi. I numeri dispari sono l’opposto.

    Flessibilità

    A causa dell’assenza di chiodi, tutte le articolazioni hanno un gioco considerevole, consentendo il movimento indipendente di ogni parte. Questo rende l’intera struttura abbastanza stabile anche in mezzo al movimento side-to-side causato dai terremoti, che sono eventi comuni in Giappone. Non solo ogni parte si muove in modo indipendente, ma anche gli elementi mobili generano attrito. Quell’attrito è un altro modo importante per dissipare l’energia sismica.

    Guardate l’elaborato sistema di staffe ad incastro fatte a mano, note come tokyō o kumimono, sotto il tetto nella foto a destra. Ognuno è una notevole impresa artigianale. Queste staffe sostengono il tetto e consentono alla grondaia di sporgere più lontano di quanto altrimenti possibile. Inoltre, come le articolazioni senza chiodi, assorbono energia e fungono da molle. La loro elasticità è, durante gli eventi sismici, cruciale per l’integrità strutturale di un edificio coperto da un tetto così pesante.

    Tetti, pareti e cancelli

    Sicuramente avete notato come il tetto di un tempio o di un santuario sia il suo più grande elemento strutturale. Le dimensioni del tetto sono principalmente dovute all’estetica, ma hanno anche una funzione pratica. Le grondaie di grandi dimensioni proteggono l’edificio e i suoi occupanti dalla pioggia. Un effetto collaterale gradito è la caratteristica penosità rilassante degli interni degli edifici. Un elemento comune nell’architettura Zen è il tetto decorativo simile a una gonna a metà altezza, visibile nella foto del cancello nella pagina successiva. Nel caso del cancello raffigurato, questo tetto centrale corrisponde a una divisione tra piani. In altri come quello del butsuden di Kenchōji, Kamakura – che sembra avere due piani, ne ha uno solo.

    Poiché le pareti possono essere spostate e rimosse, la separazione tra interno ed esterno è sfocata. Questo in una certa misura porta l’ambiente esterno all’interno dell’edificio, una strategia usata spesso e con grande effetto con la grondaia sporgenti. Lo spazio coperto dalla grondaia non è né all’interno né all’esterno, ma in ambedue.

    A volte, come nella finestra rotonda di Meigetsuin, il panorama è parte integrante del concetto dell’edificio. La finestra è sempre aperta e ha lo scopo di portare l’esterno all’interno.

    Templi e santuari hanno tutti porte simili a quelle che abbiamo esaminato e spesso più di una. I cancelli sono disponibili in molte dimensioni e forme, ma tutti hanno una funzione diversa dai cancelli europei. I cancelli del tempio e del santuario giapponesi non sono normalmente destinati a controllare l’accesso. Spesso, quindi, non hanno porte e non possono nemmeno essere chiusi. Separano semplicemente due mondi, il sacro e il profano.

    Le caratteristiche architettoniche che abbiamo esaminato finora sono comuni sia all’architettura sacra che a quella secolare. Convertire una casa in un tempio è facile, come nel caso del famoso Hōryūji di Nara, che in precedenza era la residenza di una nobildonna. Ginkakuji e Kinkakuji di Kyōto sono altri noti esempi di case private convertite all’uso religioso.

  • Il confucianesimo giapponese

    Per cominciare, bisogna considerare che il confucianesimo giapponese non solo deriva da una sola corrente del confucianesimo, il neo confucianesimo, ma è stato profondamente alterato anche su questioni essenziali dopo il suo arrivo in Giappone. In tutta la sua storia qui, storia che comincia con l’arrivo del buddhismo dal continente in una data convenzionalmente fissata sul 533 d.C., il confucianesimo è stato principalmente uno strumento di controllo sociale, particolarmente durante il periodo Edo in cui, dopo appunto profonde modifiche, divenne la base filosofica su cui poggiava il governo dei Tokugawa. Subì quindi influenze dal culto degli antenati, dal buddhismo giapponese e dalla filosofia di governo dei Tokugawa.

    Personalmente, trovo triste come TUTTE le filosofie e visioni del mondo portate dalla Cina siano TUTTE finite col diventare strumenti di controllo sociale. In ogni caso, le differenze fra il confucianesimo cinese e quello giapponese sono le seguenti.

    Prima di tutto, come ho detto, ma vale la pena ripeterlo, in Giappone il Confucianesimo è stato integrato con le credenze e le pratiche shintoiste e buddiste. Questo ha portato a una forma unica di Confucianesimo che enfatizza sia i principi morali confuciani sia i valori spirituali del buddhismo e dello shintoismo, natura e il culto degli antenati, ben più radicati che in Cina.

    In consonanza con la natura rigidissima della società giapponese in tutte le sue fasi di sviluppo, il Confucianesimo giapponese pone un’enfasi particolare sull’ordine sociale, la gerarchia e la lealtà, in particolare nei confronti del signore o dello shogun. Questo è stato particolarmente evidente durante il periodo Edo, quando il Confucianesimo è diventato la filosofia ufficiale dello shogunato Tokugawa.

    Il Bushidō, o la Via del guerriero, il modo di concepire il cittadino nato durante il periodo Edo dopo un riesame dell’esperienza dei tre secoli di guerra civili (occorse fra la caduta del primo shogunato a Kamakura nel 1333 e la morte in battaglia di Toyotomi Hideyori nel 1615), ha guidato la classe dei samurai in Giappone ed era fortemente influenzato dai principi confuciani di onore, lealtà, virtù e dovere, ma interpretati attraverso un contesto giapponese specifico. tali principi erano infatti molto più rigidi e profondi, con più gravi punizioni per la disobbedienza.

    Il Confucianesimo giapponese ha posto grande enfasi sull’educazione e sull’apprendimento come mezzi per realizzare il miglioramento morale e sociale. La mentalità giapponese tuttavia, pragmatica come è, ha sempre visto l’educazione principalmente come un coadiuvante della produzione, con una forte enfasi sull’apprendimento pratico. Il confucianesimo giapponese fu poi la base delle zaibatsu, le grandi aziende tipiche dei primi decenni dopo l’introduzione della tecnologia occidentali

    Pur se anche il Confucianesimo in entrambi i paesi enfatizzava il rispetto per gli anziani e l’armonia familiare, la variante giapponese, più punitiva e drastica, ha portato allo sviluppo di un sistema familiare unico, con un forte accento sul patriarcato e la continuità della famiglia per via maschile.

    Sto parlando dello ie seido, una forma di matrimonio imposta dai Tokugawa le cui caratteristiche principali erano:

    Concentrazione del potere amministrativo e economico nel primogenito della famiglia. È l’unico infatti ad avere i pieni diritti civili, mentre i suoi fratelli non hanno cognome e hanno un numerativo al posto del nome. Tali numerati sono ancora in uso. Jirō (secondo), Saburō (terzo) e così via.

    le donne non hanno esistenza legale e sono in pratica proprietà del capo famiglia.

    Sono anche previsti diritti di proprietà per gli antenati e esistono leggi specifiche per proteggerli.

    il nucleo familiare consiste di tre generazioni e non due perché il capo di famiglia ha il dovere di mantenere i suoi genitori.

    Questa nuova concezione della famiglia serve per stabilizzare il governo. Era stato proprio il diritto di famiglia a causare le guerre civili del passato con legislazioni di trasmissione dell’eredità troppo permissive.

    Questa famiglia imposta dai Tokugawa sulla base del confucianesimo giapponese viene poi trasformata con facilità nella moderna azienda giapponese di inizio del secolo scorso (zaibatsu). Al capo famiglia viene sostituito il capo ufficio, il capo reparto o chi altro, e il gioco è fatto.

    Il confucianesimo del periodo Edo è anche la base del comportamento in pubblico tipico dei giapponesi e per cui essi sono famosi.

    la disciplina è il valore principale dell’intero sistema sociale, la morale si basa soprattutto sul rifiuto ad essere il centro dell’attenzione, ad esprimere opinioni, a prendere iniziative. L’obbedienza e la collaborazione, necessarie per l’armonia di gruppo, sono considerate più importante del destino individuale.


    Credo quindi sia necessario tenere il confucianesimo giapponese, in particolare quello dell’epoca Edo, ben separato dal suo lontano parente cinese, che ha caratteristiche molto diverse.

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  • Chi è o cos’è Rin in “la città incantata” di Miyazaki Hayao

    Vorrei tentare di dare un’idea a chi non parla lingue straniere di quali siano i problemi, le ambiguità e le decisioni, arbitrarie ma inevitabili, che sono il pane quotidiano di tutti i traduttori.

    Al livello più basso stanno gli oggetti che esistono in una cultura, ma non nell’altra.

    Cos’è questo aggeggio? Potrei dirvene il nome, ma non vi direbbe nulla. A cosa serve? Serve per montare la schiuma del tè verde, una tecnica che da noi non si usa, ma che in Giappone è frequente. Supponi che in un giallo la colpevolezza di un personaggio dipenda dalla presenza o meno di questo oggetto? Faccio bene a sostituirlo con qualcos’altro di noto al lettore europeo, ad esempio uno schiaccianoci? Io direi di no, perché si tratta di eliminare informazioni significative, ma non vedo alternative. Non posso spiegare cos’è un chasen, perché è così che si chiama, mentre traduco un thriller.

    Rin

    Un altro esempio, questa volta da “La città incantata” di Miyazaki Hayao. All’inizio del film Chihiro incontra Lin, una ragazza molto carina e femminile. In giapponese però appena apre bocca diviene evidente che qualcosa non quadra. Lin parla come un uomo in una maniera ed una misura che è impossibile trasmettere in altre lingue, ma che è vitale per definire il personaggio. La vedete sulla sinistra nell’illustrazione qui sopra.

    In una scena poco dopo il loro primo incontro, Lin dà un manju (qualcosa da mangiare; come tradurre manju? Lasciarlo com’è? ) a Chihiro, aggiungendo:

    “Ore ga daidokoro de kapparatta ze”.

    Se traducessi la frase come “L’ho rubato io in cucina.” di errori non ce ne sarebbero. Mancherebbero però parecchi fatti su Lin che occorre assolutamente sapere.

    Lin, nonostante le apparenze, è un uomo o si considera un uomo. Usa infatti un termine per “io”, ore appunto, che è non solo tipicamente maschile, ma che viene usato da uomini in presenza di altri uomini, è in altri termini cameratesco. Lin poi usa un verbo, kapparau, traducibile con “sgraffignare”, che indica in modo certo che ha rubato e che non si sente per nulla in colpa di averlo fatto. Infine, Lin termina la frase con un clamoroso ze! Cos’è quel ze?

    In Giapponese le interiezioni come il ne di certi lombardi, il ve’ dei veneti sono comuni al punto che è raro che una frase termini senza che ve ne sia una alla sua fine. Yo! è affermativa, kanà dubitativa, nee esortativa.

    Il ze di Lin è usato molto poco perché è molto forte. Non solo è maschile, non solo è ruvido, ma è quasi da malavitosi. Chi lo usa ci tiene a far sapere che è un duro.

    Appena Lin apre bocca quindi uno comincia subito e chiedersi chi lei sia veramente. Probabilmente un maschio adolescente sui diciassette anni che vuole fare il duro usando linguaggio da duri. Forse una donna che vorrebbe essere un uomo. In ogni caso, quello che è certo è che c’è qualcosa di molto insolito in Rin, che questo viene messo in chiaro senza alcuno sforzo da Miyazaki in una sola frase e che quella frase NON è in grado di trasmettere le stesse informazioni in una lingua diversa dal giapponese.

  • Il tramonto dei Tokugawa

    Lo stemma araldico dei Tokugawa

    La comparsa delle “Nere Navi” del Commodoro Matthew Perry nel 1853 e la sua richiesta di apertura dei porti giapponesi al commercio estero sono spesso viste come l’evento che ha posto fine all’isolamento del Giappone e ha portato alla fine dello shogunato Tokugawa. Tuttavia, è importante notare che il Giappone stava già affrontando numerose sfide interne prima dell’arrivo di Perry. Esse avrebbero prima o poi, Navi Nere o meno, portato alla caduta della dinastia.

    La prima, più grave, più bizzarra e vecchia di queste contraddizioni è la posizione ambigua della classe samurai. È infatti evidente che, se da una parte i Tokugawa avevano dichiarato i guerrieri la classe dominante, dall’altra lo shogunato presa misure che resero praticamente impossibile un conflitto fra clan. Vi lascio immaginare come fosse ridotta la classe guerriera nel 1800, dopo 250 anni e passa di pace. La classe samurai, che formava l’élite governativa e militare del paese, era in una crescente crisi finanziaria. Molti samurai erano indebitati e alcuni persino impoveriti, a causa dei cambiamenti nell’economia giapponese e dell’inadeguatezza del sistema feudale a gestire questi cambiamenti.

    Anche se nominalmente ricchi, i samurai come classe erano senza dubbio fra i poveri, mentre il denaro fluiva abbondante dalle loro tasche in quelle dei mercanti della Shitamachi di Tokyo. C’erano crescenti disuguaglianze tra le classi sociali, soprattutto tra i mercanti in arricchimento e la classe samurai in decadenza. La classe samurai fu quindi la prima a ribellarsi con impegno, perché era quella che aveva più interesse ad un cambiamento della situazione. Gli organizzatori dei numerosi disordini del periodo erano guerrieri. Saigo Takamori è un ottimo esempio non solo delle tensioni, ma anche delle contraddizioni del periodo.

    Ma anche il popolo ne aveva abbastanza dei rigori estremi della vita sotto i Tokugawa, un regime che rese obbligatorio tutto quello che non era proibito. Una delle conseguenze fu un fenomeno estremamente bizzarro, il movimento “ee janaika.” Consisteva nell’esplosione improvvisa di feste in cui la gente perdeva ogni controllo di sé e ballava per ore e giorni, ripetendo “ee janaika” (letteralmente “non è forse bene?”, ma si tratta di una frase il cui spirito è meglio espresso come “Ne ho abbastanza (di ordine e legalità”). Esso è un esempio delle manifestazioni di malessere e delle tensioni sociali che esistevano durante gli ultimi giorni dello shogunato Tokugawa.

    Come già detto, i festival “ee ja nai ka” spesso vedevano persone, in particolare contadini e cittadini comuni, ballare, cantare e comportarsi in modi che erano considerati bizzarri o al di fuori delle norme sociali. Molti indossavano costumi stravaganti o si travestivano, e la natura spontanea e caotica degli eventi li rendeva difficili da controllare.

    La gravità della situazione dello Shogunato è resa evidente da tutti gli slogan estremi generati da questo periodo. Ecco una breve lista.

    Wakon Yōsai : L’idea di adottare la tecnologia e le tecniche occidentali pur mantenendo l’essenza e lo spirito giapponese è spesso riassunta nella frase “Wakon Yōsai” (和魂洋才). Tradotto letteralmente, “Wakon” (和魂), il termine significa “spirito giapponese” e “Yōsai” (洋才) significa “talento occidentale” o “conoscenza occidentale”. Questa filosofia è diventata popolare durante la Restaurazione Meiji ma nacque prima, dalla necessità di importare tecnologia europea superiore a quella giapponese senza dover per questo buttare a mare secoli di cultura.

    Sonno Joi (尊皇攘夷): Tradotto letteralmente, “sonno” significa “rispettare l’imperatore” e “joi” significa “espellere i barbari”. Questo slogan era popolare tra coloro che volevano restaurare l’autorità politica dell’Imperatore e opporsi all’influenza straniera in Giappone.

    Fukoku Kyohei (富国強兵): Questo slogan significa “Paese Ricco, Esercito Forte”. Rifletteva l’obiettivo della nazione di diventare economica e militarmente potente seguendo modelli occidentali. Bunmei Kaika (文明開化): Questa espressione può essere tradotta come “Illuminazione e Civiltà” o “Civilizzazione e Modernizzazione”. Rappresentava l’entusiasmo per l’adozione della cultura e della tecnologia occidentali durante l’era Meiji.

    Kinnō (勤王): Questa parola significa “leale servizio all’Imperatore”. Era un concetto centrale per i gruppi che sostenevano un ritorno al potere imperiale. Ognuno di questi slogan e concetti ha giocato un ruolo nella mobilitazione delle persone e nella guida delle politiche durante questo periodo turbolento della storia giapponese. Rappresentavano il desiderio di modernizzare il Giappone, ma anche le preoccupazioni riguar all’influenza straniera e la perdita dell’identità culturale giapponese.

  • Le follie degli ee janaika

    Nel post precedente abbiamo visto che il periodo finale dello shogunato dei Tokugawa fosse caotico e come la fine dello Shogunato fosse nell’aria. Le navi di Perry erano arrivate al momento giusto per dare un calcio finale alla alla situazione.

    Uno dei movimenti più strani, e il termine è eufemistico, del periodo fu quello dei cosiddetti “ee janai ka,” episodi di follia collettiva a carattere spesso politico e/o religioso appena velato e impossibili da prevenire da parte del governo a causa della loro natura spontanea. Il nome del fenomeno significa più o meno: “Ma sì che possiamo, ma si che si può…” e lo dimostra essere una chiara reazione al radicale proibizionismo dello Shogunato.

    Dopo il trauma del periodo degli stati combattenti, una guerra civile durata più di un secolo e mezzo, il popolo si era dimostrato disposto a qualsiasi cosa per l’amor di stabilità, tanto da accettare di buon grado le imposizioni del fondatore Tokugawa Ieyasu. La necessità di un governo dal polso fermo dopo un periodo così lungo di violenza era evidente a tutti. I giapponesi furono ricompensati della loro disciplina con un triplicarsi della popolazione in solo qualche generazione.

    La cosa che sorprende delle leggi imposte da Ieyasu era la loro capillarità. Esse ad esempio prescrivevano dettagli specifici sugli abiti che ogni classe sociale poteva indossare, incluse le dimensioni, i colori e i tipi di stoffa. Solo lo shogun poteva indossare abiti di certi colori, come il rosso brillante.

    C’era un divieto per gli uomini di avere barbe e capelli lunghi. Questo era in parte un tentativo di sopprimere le influenze esterne, poiché l’aspetto occidentale, incluso il modo in cui gli uomini occidentali portavano la barba, stava diventando popolare in Giappone.

    Solo i samurai avevano il diritto di portare due spade. Questa regola rafforzava la distinzione tra i samurai e le altre classi e sottolineava il loro status privilegiato.

    Si potrebbe pensare che le classi superiori fossero esenti da simili limiti, ma questo non è il caso. I samurai, ad esempio, non potevano partecipare alle rappresentazioni di teatro kabuki. Inizialmente, questo era molto libero e spesso associato a intrattenimenti licenziosi. Col tempo, le autorità Tokugawa stabilirono regole per rendere il kabuki più rispettabile. Ad esempio, fu proibito alle donne di esibirsi, portando alla tradizione degli attori maschili “onnagata” che interpretavano ruoli femminili.

    Queste sono alcune delle proibizioni. Vi risparmio gli obblighi.

    L’estrema severità del governo e della sua amministrazione sono il solo modo di spiegare un fenomeno anomalo, particolarmente in questo paese, come quello degli ee janai ka, centinaia di persone che ballano per ore e anche giorni, continuando a ripetere lo slogan “ee janai ka” mentre portano costumi più che stravaganti. Non ne ho le prove naturalmente, ma mi piace pensare che questo fosse un modo per scaricare la tensione, per tornare ad essere persone libere di pensare quello che volevano. Ieyasu, intelligente com’era, avrebbe sicuramente apprezzato la loro iniziativa.

  • Il buddhismo di KAMAKURA

    Ovvero, il buddismo dei poveri

    Domanda: potresti definire il buddhismo d Kamakura?

    BOT:

     Il buddhismo di Kamakura è una forma di buddhismo giapponese che emerse nel periodo Kamakura (1185-1333) del Giappone. Questa forma di buddhismo si sviluppò come reazione al buddhismo tradizionale giapponese, noto come Nara Buddhism, che era diventato sempre più corrotto e influenzato dal potere politico dell’epoca.

    Il buddhismo di Kamakura si basava su una serie di insegnamenti fondamentali tratti dalla scuola Tendai e dalla scuola esoterica Shingon del buddhismo Mahayana. In particolare, le scuole Tendai e Shingon si concentravano sull’idea della “natura di Buddha” (Buddha-nature), che sosteneva che ogni essere possiede la  di raggiungere l’illuminazione e diventare un Buddha. Inoltre, queste scuole sostenevano la pratica della meditazione come strumento per raggiungere l’illuminazione.

    Il buddhismo di Kamakura, tuttavia, introdusse una serie di innovazioni che lo distinsero dalle scuole Tendai e Shingon. Ad esempio, il fondatore della scuola Soto Zen, Dogen, introdusse una pratica di meditazione chiamata “zazen”, che consiste nella seduta silenziosa e nella concentrazione sulla respirazione. Inoltre, la scuola Jodo Shinshu, fondata da Shinran, enfatizzava la devozione al Buddha Amitabha e sosteneva che la salvezza non fosse raggiungibile attraverso la propria pratica, ma solo attraverso la grazia del Buddha Amitabha.

    In sintesi, il buddhismo di Kamakura è una forma di buddhismo giapponese che emerse nel periodo Kamakura, basato su insegnamenti della scuola Tendai e della scuola esoterica Shingon, ma che introdusse anche importanti innovazioni nella pratica della meditazione e nella devozione al Buddha Amitabha. Il buddhismo di Kamakura ebbe un’importante influenza sulla cultura giapponese e si diffuse in tutta la nazione, diventando uno dei pilastri della religione giapponese.

    Domanda: Chi è Amitabha?

    BOT:

    Amida, noto anche come Amitabha in sanscrito, è uno dei Buddha più importanti del buddhismo Mahayana, una delle principali tradizioni del buddhismo. Il nome “Amida” significa “luci infinite” o “luci senza fine”, mentre “Amitabha” significa “luce infinita”.

    Secondo la tradizione, Amida è il Buddha della Terra Pura, un regno di pace e felicità che si trova a ovest del mondo materiale, dove gli esseri illuminati vivono in eterno. Si dice che Amida abbia creato la Terra Pura come luogo in cui gli esseri possono raggiungere l’illuminazione senza dover affrontare le difficoltà e le sfide del mondo materiale.

    La pratica della devozione ad Amida è molto importante nella scuola Jodo Shinshu del buddhismo giapponese. Questa scuola sostiene che la salvezza non possa essere raggiunta attraverso la propria pratica, ma solo attraverso la grazia di Amida. I suoi seguaci credono che recitando il nome di Amida, “Namu Amida Butsu”, si possa ottenere la sua benedizione e raggiungere la Terra Pura alla fine della vita.

    Amida è rappresentato in varie forme artistiche nel buddhismo Mahayana, come ad esempio nelle statue, nei dipinti e nelle sculture. È spesso raffigurato con un sorriso gentile e un gesto di benedizione, e indossa un saio monastico e un’aura dorata attorno alla testa.

    In sintesi, Amida è uno dei Buddha più importanti del buddhismo Mahayana, noto come il Buddha della Terra Pura, e la sua pratica della devozione è molto importante nella scuola Jodo Shinshu del buddhismo giapponese.

    Domanda

    Qual è il ruolo del sutra del loto nel buddismo di Kamakura

    Il Sutra del Loto, noto anche come Sutra del Loto del Buddha della Legge Infinita, è un testo buddhista molto importante che ha influenzato profondamente lo sviluppo del buddhismo di Kamakura.

    Il Sutra del Loto sostiene che il Buddha non ha mai smesso di insegnare, ma ha invece adottato una serie di insegnamenti graduali in base alle capacità degli studenti. Inoltre, il sutra enfatizza l’idea che tutti gli esseri possiedono la natura di Buddha e possono raggiungere l’illuminazione.

    Il Sutra del Loto ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della scuola Nichiren del buddhismo giapponese, fondata da Nichiren, che sostenne l’importanza del sutra come il testo più importante del buddhismo. Inoltre, il Sutra del Loto ha influenzato anche altre scuole del buddhismo di Kamakura, come la scuola Tendai e la scuola Pure Land.

    In particolare, la scuola Tendai ha sviluppato una teoria dell’”unificazione di tutti i buddhismi”, sostenendo che tutti gli insegnamenti buddhisti siano efficaci e che essi possano essere sintetizzati nella pratica della meditazione e della recitazione del mantra “Namu Myoho Renge Kyo”, che significa “Omaggio al Sutra del Loto”. Invece, la scuola Pure Land si è basata sulla fede nella devozione al Buddha Amitabha, ma ha utilizzato anche il Sutra del Loto come un testo importante per la sua dottrina.

    In sintesi, il Sutra del Loto ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del buddhismo di Kamakura. Ha influenzato molte delle scuole di questo periodo, e ha sostenuto l’idea che tutti gli esseri possiedono la natura di Buddha e che l’illuminazione può essere raggiunta da tutti. Inoltre, il Sutra del Loto è stato utilizzato come testo centrale nella pratica della meditazione e della devozione a Buddha Amitabha

    Domanda

    Perché così tante scuole del buddhismo di Kamakura si rifanno a Saichō?

    Qui il BOT commette un errore, che io correggo…

    

    Saicho, noto anche come Dengyo Daishi, è stato un monaco buddhista giapponese del IX secolo e fondatore della setta Tendai del buddhismo giapponese. Nonostante la sua morte sia avvenuta secoli prima della nascita del buddhismo di Kamakura, la sua influenza ha avuto un impatto significativo sulla sua evoluzione.

    Uno dei discepoli di Saicho, Ennin, si recò in Cina per studiare il buddhismo e portò con sé nuove idee e pratiche che influenzarono la setta Tendai e il buddhismo giapponese in generale. In particolare, Ennin portò in Giappone la pratica della recitazione del nembutsu, che divenne uno dei pilastri del buddhismo di Kamakura.

    Inoltre, la setta Tendai fondata da Saicho si concentrava sulla pratica della meditazione, che divenne anche una pratica centrale nel buddhismo di Kamakura. La setta Tendai esercitò un’enorme influenza sulla cultura giapponese, incluso l’arte, la letteratura e la filosofia, e la sua eredità è ancora evidente nel Giappone contemporaneo.

    In sintesi, Saicho non è direttamente legato al buddhismo di Kamakura, ma la sua setta Tendai ha avuto un ruolo significativo nella sua evoluzione e nella diffusione di pratiche e idee che divennero importanti nel periodo di Kamakura.

    Frank:

    Io però ho letto che c’è una sua frase che ha avuto una grande importanza nell’evoluzione del buddhismo dei poveri

    BOT

    Mi scuso per l’errore nella mia risposta precedente. Effettivamente c’è una frase attribuita a Saicho che ha avuto un ruolo significativo nell’evoluzione del buddhismo giapponese e in particolare nella nascita del cosiddetto “buddhismo dei poveri” durante il periodo di Kamakura.

    La frase in questione è “Namu Amida Butsu” che significa “Mi affido all’Amitabha Buddha”. Saicho ha introdotto questa pratica nella sua setta Tendai e ha incoraggiato i suoi seguaci a recitare il nome di Amitabha Buddha come pratica di meditazione. Questa pratica si diffuse rapidamente e diventò particolarmente popolare tra le persone comuni, che iniziarono a considerarla come un modo semplice per ottenere il Buddhahood, ovvero l’illuminazione.

    Questa pratica di devozione al Buddha Amitabha, associata al nome “Namu Amida Butsu”, divenne uno dei pilastri del buddhismo di Kamakura, che si sviluppò nel XII secolo. Il buddhismo di Kamakura, in particolare le sette Jodo e Jodo Shinshu, si concentrava sulla salvezza degli esseri umani attraverso la devozione al Buddha Amitabha, offrendo un percorso spirituale accessibile a tutti, compresi i poveri e gli analfabeti.

    Quindi, la frase “Namu Amida Butsu” introdotta da Saicho ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione del buddhismo giapponese, in particolare nella nascita del buddhismo dei poveri durante il periodo di Kamakura.

     Il buddhismo di Kamakura è una forma di buddhismo giapponese che emerse nel periodo Kamakura (1185-1333) del Giappone. Questa forma di buddhismo si sviluppò come reazione al buddhismo tradizionale giapponese, noto come Nara Buddhism, che era diventato sempre più corrotto e influenzato dal potere politico dell’epoca.

    Il buddhismo di Kamakura si basava su una serie di insegnamenti fondamentali tratti dalla scuola Tendai e dalla scuola esoterica Shingon del buddhismo Mahayana. In particolare, le scuole Tendai e Shingon si concentravano sull’idea della “natura di Buddha” (Buddha-nature), che sosteneva che ogni essere possiede la  di raggiungere l’illuminazione e diventare un Buddha. Inoltre, queste scuole sostenevano la pratica della meditazione come strumento per raggiungere l’illuminazione.

    Il buddhismo di Kamakura, tuttavia, introdusse una serie di innovazioni che lo distinsero dalle scuole Tendai e Shingon. Ad esempio, il fondatore della scuola Soto Zen, Dogen, introdusse una pratica di meditazione chiamata “zazen”, che consiste nella seduta silenziosa e nella concentrazione sulla respirazione. Inoltre, la scuola Jodo Shinshu, fondata da Shinran, enfatizzava la devozione al Buddha Amitabha e sosteneva che la salvezza non fosse raggiungibile attraverso la propria pratica, ma solo attraverso la grazia del Buddha Amitabha.

    In sintesi, il buddhismo di Kamakura è una forma di buddhismo giapponese che emerse nel periodo Kamakura, basato su insegnamenti della scuola Tendai e della scuola esoterica Shingon, ma che introdusse anche importanti innovazioni nella pratica della meditazione e nella devozione al Buddha Amitabha. Il buddhismo di Kamakura ebbe un’importante influenza sulla cultura giapponese e si diffuse in tutta la nazione, diventando uno dei pilastri della religione giapponese.

    Domanda: Chi è Amitabha?

    BOT:

    Amida, noto anche come Amitabha in sanscrito, è uno dei Buddha più importanti del buddhismo Mahayana, una delle principali tradizioni del buddhismo. Il nome “Amida” significa “luci infinite” o “luci senza fine”, mentre “Amitabha” significa “luce infinita”.

    Secondo la tradizione, Amida è il Buddha della Terra Pura, un regno di pace e felicità che si trova a ovest del mondo materiale, dove gli esseri illuminati vivono in eterno. Si dice che Amida abbia creato la Terra Pura come luogo in cui gli esseri possono raggiungere l’illuminazione senza dover affrontare le difficoltà e le sfide del mondo materiale.

    La pratica della devozione ad Amida è molto importante nella scuola Jodo Shinshu del buddhismo giapponese. Questa scuola sostiene che la salvezza non possa essere raggiunta attraverso la propria pratica, ma solo attraverso la grazia di Amida. I suoi seguaci credono che recitando il nome di Amida, “Namu Amida Butsu”, si possa ottenere la sua benedizione e raggiungere la Terra Pura alla fine della vita.

    Amida è rappresentato in varie forme artistiche nel buddhismo Mahayana, come ad esempio nelle statue, nei dipinti e nelle sculture. È spesso raffigurato con un sorriso gentile e un gesto di benedizione, e indossa un saio monastico e un’aura dorata attorno alla testa.

    In sintesi, Amida è uno dei Buddha più importanti del buddhismo Mahayana, noto come il Buddha della Terra Pura, e la sua pratica della devozione è molto importante nella scuola Jodo Shinshu del buddhismo giapponese.

    Domanda

    Qual è il ruolo del sutra del loto nel buddismo di Kamakura

    Il Sutra del Loto, noto anche come Sutra del Loto del Buddha della Legge Infinita, è un testo buddhista molto importante che ha influenzato profondamente lo sviluppo del buddhismo di Kamakura.

    Il Sutra del Loto sostiene che il Buddha non ha mai smesso di insegnare, ma ha invece adottato una serie di insegnamenti graduali in base alle capacità degli studenti. Inoltre, il sutra enfatizza l’idea che tutti gli esseri possiedono la natura di Buddha e possono raggiungere l’illuminazione.

    Il Sutra del Loto ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della scuola Nichiren del buddhismo giapponese, fondata da Nichiren, che sostenne l’importanza del sutra come il testo più importante del buddhismo. Inoltre, il Sutra del Loto ha influenzato anche altre scuole del buddhismo di Kamakura, come la scuola Tendai e la scuola Pure Land.

    In particolare, la scuola Tendai ha sviluppato una teoria dell’”unificazione di tutti i buddhismi”, sostenendo che tutti gli insegnamenti buddhisti siano efficaci e che essi possano essere sintetizzati nella pratica della meditazione e della recitazione del mantra “Namu Myoho Renge Kyo”, che significa “Omaggio al Sutra del Loto”. Invece, la scuola Pure Land si è basata sulla fede nella devozione al Buddha Amitabha, ma ha utilizzato anche il Sutra del Loto come un testo importante per la sua dottrina.

    In sintesi, il Sutra del Loto ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del buddhismo di Kamakura. Ha influenzato molte delle scuole di questo periodo, e ha sostenuto l’idea che tutti gli esseri possiedono la natura di Buddha e che l’illuminazione può essere raggiunta da tutti. Inoltre, il Sutra del Loto è stato utilizzato come testo centrale nella pratica della meditazione e della devozione a Buddha Amitabha

    Domanda

    Perché così tante scuole del buddhismo di Kamakura si rifanno a Saichō?

    Qui il BOT commette un errore, che io correggo…

    

    Saicho, noto anche come Dengyo Daishi, è stato un monaco buddhista giapponese del IX secolo e fondatore della setta Tendai del buddhismo giapponese. Nonostante la sua morte sia avvenuta secoli prima della nascita del buddhismo di Kamakura, la sua influenza ha avuto un impatto significativo sulla sua evoluzione.

    Uno dei discepoli di Saicho, Ennin, si recò in Cina per studiare il buddhismo e portò con sé nuove idee e pratiche che influenzarono la setta Tendai e il buddhismo giapponese in generale. In particolare, Ennin portò in Giappone la pratica della recitazione del nembutsu, che divenne uno dei pilastri del buddhismo di Kamakura.

    Inoltre, la setta Tendai fondata da Saicho si concentrava sulla pratica della meditazione, che divenne anche una pratica centrale nel buddhismo di Kamakura. La setta Tendai esercitò un’enorme influenza sulla cultura giapponese, incluso l’arte, la letteratura e la filosofia, e la sua eredità è ancora evidente nel Giappone contemporaneo.

    In sintesi, Saicho non è direttamente legato al buddhismo di Kamakura, ma la sua setta Tendai ha avuto un ruolo significativo nella sua evoluzione e nella diffusione di pratiche e idee che divennero importanti nel periodo di Kamakura.

    Frank:

    Io però ho letto che c’è una sua frase che ha avuto una grande importanza nell’evoluzione del buddhismo dei poveri

    BOT

    Mi scuso per l’errore nella mia risposta precedente. Effettivamente c’è una frase attribuita a Saicho che ha avuto un ruolo significativo nell’evoluzione del buddhismo giapponese e in particolare nella nascita del cosiddetto “buddhismo dei poveri” durante il periodo di Kamakura.

    La frase in questione è “Namu Amida Butsu” che significa “Mi affido all’Amitabha Buddha”. Saicho ha introdotto questa pratica nella sua setta Tendai e ha incoraggiato i suoi seguaci a recitare il nome di Amitabha Buddha come pratica di meditazione. Questa pratica si diffuse rapidamente e diventò particolarmente popolare tra le persone comuni, che iniziarono a considerarla come un modo semplice per ottenere il Buddhahood, ovvero l’illuminazione.

    Questa pratica di devozione al Buddha Amitabha, associata al nome “Namu Amida Butsu”, divenne uno dei pilastri del buddhismo di Kamakura, che si sviluppò nel XII secolo. Il buddhismo di Kamakura, in particolare le sette Jodo e Jodo Shinshu, si concentrava sulla salvezza degli esseri umani attraverso la devozione al Buddha Amitabha, offrendo un percorso spirituale accessibile a tutti, compresi i poveri e gli analfabeti.

    Quindi, la frase “Namu Amida Butsu” introdotta da Saicho ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione del buddhismo giapponese, in particolare nella nascita del buddhismo dei poveri durante il periodo di Kamakura.

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