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  • Shūbun no hi

    Shūbun no hi

    L’equinozio d’autunno

    La maggior parte delle persone associa indubbiamente questo giorno all’equilibrio perfetto tra luce e oscurità, un equinozio celeste che segna l’esatto momento in cui il sole attraversa l’equatore celeste. Sebbene nel 2024 shūbun no hi (秋分の日) cada il 22 settembre, la data è soggetta a minime fluttuazioni annuali, dettate da precisi calcoli celesti. Negli ultimi anni, questa festività ha acquisito un’importanza crescente per i giapponesi, diventando un punto di riferimento culturale che spesso incide sulla durata della Golden Week autunnale, meglio conosciuta come “Silver Week“. L’autunno si conferma la stagione prediletta per i viaggi itineranti e lo svago all’aria aperta.

    Una Festa Nazionale Unica

    La legislazione nipponica, nel 1948, ha sancito lo shūbun no hi, l’equinozio d’autunno, quale festività nazionale, consacrando un legame profondo tra l’uomo e i ritmi cosmici. Sebbene nel 2024 ricada il 22 settembre, la data esatta di tale ricorrenza è soggetta a minime oscillazioni annuali, determinate dai complessi movimenti celesti del sole.

    Questa consuetudine di ancorare una festività a fenomeni celesti è un tratto distintivo del calendario giapponese, un vero e proprio patrimonio culturale unico nel panorama internazionale. È interessante notare come lo shūbun no hi si inserisca nel più ampio contesto dei nijūshisekki (二十四節気), un raffinato sistema di divisione dell’anno in termini solari di origine cinese, adottato e rielaborato dalla tradizione nipponica.

    L’equinozio è un istante cosmico preciso in cui il sole, nel suo percorso apicale, raggiunge lo zenith sull’equatore terrestre. Questo fenomeno astronomico, frutto dell’intersezione tra l’eclittica del sole e l’equatore celeste, segna l’equilibrato connubio tra luce e oscurità, un momento di perfetta simmetria cosmica. In questi giorni, luce ed oscurità hanno la stessa durata, celebrando un’effimera armonia tra le forze celesti.

    Equinozi in Giappone: un viaggio tra passato e presente

    Il Giappone, da sempre terra di tradizioni millenarie e di un profondo reverenziale rispetto per la natura e gli antenati, celebra due importanti festività legate agli equinozi: lo shūbun no hi (秋分の日), l’equinozio d’autunno, e lo shunbun no hi (春分の日), l’equinozio di primavera.

    Dalla corte imperiale al cuore del popolo

    Prima della Seconda Guerra Mondiale, questi equinozi erano legati a cerimoniali più formali e riservati alla corte imperiale. L’equinozio d’autunno, ad esempio, era conosciuto come shūki-kōreisai (秋期皇霊祭), un solenne rito dedicato al ricordo degli spiriti ancestrali dei precedenti imperatori e della famiglia imperiale. Similmente, lo shunbun no hi era chiamato shunki-kōreisai (春季皇霊祭).

    Con la fine del conflitto mondiale e l’inizio di un nuovo capitolo nella storia del Giappone, queste festività hanno subito una profonda metamorfosi. Nel 1948, sia l’equinozio d’autunno che quello di primavera sono stati ridefiniti, diventando celebrazioni più inclusive e aperte a tutti i cittadini.

    Lo shūbun no hi è diventato un momento per onorare non solo gli antenati imperiali, ma tutti i defunti, in particolare coloro che hanno sacrificato la vita durante il conflitto. È un giorno dedicato alla contemplazione, alla gratitudine e al ricordo dei propri cari.

    Lo shunbun no hi invece, è stato consacrato alla celebrazione della rinascita della natura e alla speranza per il futuro. È un momento per esaltare la bellezza della primavera e per ringraziare per la vita.

    Shūbun no hi e higan

    L’equinozio d’autunno è anche conosciuto come higan no chūnichi (彼岸の中日), “il giorno centrale dello higan“. Ma cosa significa esattamente “higan” e perché è così strettamente legato all’equinozio d’autunno?

    Ohigan

    L’equinozio d’autunno, insieme ai tre giorni precedenti e successivi, costituisce un periodo di sette giorni noto come aki no ohigan (秋のお彼岸), letteralmente “higan d’autunno”. Il primo giorno è chiamato higan-iri (彼岸入り), “inizio dello higan” mentre l’ultimo giorno higan-ake (彼岸明け), “fine dell’Ohigan”. Il giorno centrale, che risulta essere l’equinozio d’autunno stesso, è chiamato higan no chūnichi (彼岸の中日), “il giorno centrale dell’Ohigan”.

    Higan e shigan

    Questa usanza, tipicamente giapponese, ha origini antiche, risalenti addirittura al periodo Heian (794-1185). Nel buddismo, il mondo in cui si crede risiedono i nostri antenati, ovvero un luogo di illuminazione, è chiamato higan (彼岸, letteralmente l’”altra sponda”), mentre il nostro mondo, pieno di turbolenze e affanni, è chiamato shigan (此岸 , letteralmente “questa sponda”).

    Poiché nell’equinozio d’autunno la durata del giorno e della notte è quasi identica, si credeva che in questo periodo la distanza tra il nostro mondo e quello dei nostri antenati fosse minima, rendendo più facile esprimere loro la nostra gratitudine. Da qui ha origine la tradizione dell’Ohigan.

    Pertanto, il periodo intorno all’equinozio d’autunno è dedicato al culto degli antenati, con visite alle tombe di famiglia e offerte all’altare buddista.

    Anche l’equinozio di primavera, con i suoi tre giorni precedenti e successivi, è chiamato Ohigan. Ma di questo ne parleremo in un altro articolo.

    Ohagi

    Durante l’equinozio d’autunno, il giorno centrale del periodo dello higan è consuetudine consumare gli ohagi (おはぎ). Esistono varie teorie legate alle origini di questa tradizione. Quella prevalente sostiene che la pratica ebbe inizio quando i fagioli rossi azuki, venerati per la loro capacità di allontanare gli spiriti maligni, furono presentati come offerte agli antenati.

    L’ohagi è uno dei dolci tradizionali giapponesi che le persone consumano durante l’autunno. I giapponesi lo preparano cuocendo il riso glutinoso e pestandolo leggermente fino a quando la metà dei grani rimane intatta, quindi lo cospargono di pasta di fagioli, farina di soia e semi di sesamo.

    L’ ohagi deve il suo nome dal fiore stagionale l’hagi (萩), o trifoglio giapponese, che fiorisce proprio in questo periodo e che nelle tradizione giapponese rappresenta la gratitudine per le benedizioni del raccolto.

    Fiori di Hagi del giardino di casa mia in Giappone
    Foto dell’autore

    Gli ohagi sono simili ai botamochi ma i primi sono serviti esclusivamente durante l’autunno e il botamochi in primavera. E tradizione in certe famiglie giapponese onorare gli spiriti dei loro antenati preparando in casa gli ohagi, per poi offrirli sia sul butsudan sia a parenti e vicini come segno di amicizia. È una tradizione tramandata in Giappone sin dal periodo Edo (1603-1868). (Quelli della foto sono stati fatti in casa dalla zia di mia moglie)

    I fagioli azuki

    I fagioli azuki, un alimento di base nella dieta giapponese fin dal periodo Jomon, sono da lungo tempo profondamente radicati nel patrimonio culinario della nazione. Mentre lo zucchero, una preziosa merce in epoche passate, elevò l’ohagi allo status di dolce di lusso, in particolare modo tra la gente comune del periodo Edo.

    Nel tempo questo semplice dolce si è evoluto in un’offerta per la venerazione degli antenati fungendo contemporaneamente come mezzo per invocare protezione divina contro le forze maligne e pregare per la buona salute di tutta la famiglia.

    La somiglianza tra i fiori di hagi e i fagioli azuki diede origine fece si che all’inizio il nome di questo dolce fosse ohagimochi (御萩餅). Nel tempo, il suffisso “mochi” (餅) fu gradualmente omesso, risultando nella forma contemporanea, “ohagi“, scritta in hiragana おはぎ.

    La misteriosa bellezza degli higan-bana

    Con i suoi petali di un rosso fiammeggiante e la sua forma esoterica, il manjushage (曼珠沙華) cattura lo sguardo di chiunque si trovi in Giappone durante l’autunno. Questo fiore, noto anche come higanbana (彼岸花), cela un significato profondo, radicato nella tradizione buddista e shintoista. In sanscrito, manjushage significa letteralmente “fiore che sboccia nel paradiso”, evocando immagini di serenità e bellezza ultraterrena.

    Foto dell’autore

    Tipico fiore autunnale, il manjushage sboccia proprio nel periodo dello shūbun, offrendo uno spettacolo di rara bellezza che dura circa una settimana. Da qui il nome higan-bana, o “fiore dello higan“, che lo lega indissolubilmente all’equinozio d’autunno e alle celebrazioni dedicate agli antenati. Originario della Cina, in Giappone si è naturalizzato, diventando un simbolo dell’autunno e popolando i cimiteri, le risaie e i bordi delle strade.

    Higanbana: un velo di mistero e fascino

    Proprio perché crescono spesso in prossimità dei luoghi sacri, gli higanbana hanno guadagnato appellativi carichi di mistero come yūrei-bana (幽霊花), “fiore dei fantasmi”, o shibito-bana (死人花)”fiore dei morti”, alimentando così un’aura di inquietudine e fascino.

    Un guardiano velenoso

    La presenza di questi fiori in questi luoghi non è casuale: essi contengono alcaloidi letali, concentrati soprattutto nel bulbo. Ingerirli può provocare convulsioni spasmodiche, difficoltà respiratorie e persino la morte. Si narra che un tempo le persone fossero solite piantarli ai confini dei campi, nelle risaie o nei pressi delle tombe di famiglia per tenere a bada creature infestanti come talpe e topi, sfruttandone la tossicità. Questa antica usanza ha lasciato un’impronta indelebile, regalandoci oggi uno spettacolo di incomparabile bellezza in occasione dell’equinozio d’autunno.

    In Giappone, ci sono numerosi luoghi che offrono la possibilità di ammirare distese di manjushage. Tra questi, il “Kinchakuda Manjushage Kōen” di Hiki, nella prefettura di Saitama, è famoso per la sua vastità e la sua bellezza mozzafiato.

    Un momento di riflessione

    Come avevo riportato in un precedente contributo un detto giapponese che recita.

    「暑さ寒さも彼岸まで」

    Atsusa samusa mo higan made

    “Il caldo e il freddo finiscono con lo Higan

    Questa saggia massima popolare ci ricorda come, in corrispondenza degli equinozi di primavera e d’autunno, il clima inizi gradualmente a mitigarsi, segnando un delicato passaggio verso una nuova stagione.

    L’equinozio d’autunno, in particolare, sancisce l’inizio di un periodo caratterizzato da temperature clementi e piacevoli, in netto contrasto con le torride giornate estive. Sebbene oggi possa sembrare una data come tante altre, in passato l’equinozio d’autunno rivestiva un significato sacrale, essendo dedicato al ricordo e al rispetto dei nostri antenati, e alla gratitudine per i doni della vita.

    Ricordare i nostri cari che ci hanno preceduto e apprezzare le piccole gioie della quotidianità è un modo sublime per affrontare questo periodo dell’anno, intriso di malinconica bellezza.

  • Shunbun no hi, l’equinozio di primavera

    Shunbun no hi, l’equinozio di primavera

    La Festa di Primavera, conosciuta in giapponese come shunbun no hi (春分の日), è una delle festività nazionali più amate in Giappone. A differenza di altre festività, la data precisa di questa celebrazione non è fissa, ma varia ogni anno. In questo articolo, viaggeremo attraverso la ricca tradizione di questa festa, scoprendone le origini, il significato e le diverse sfumature.

    Lo shunbun no hi è uno dei ventiquattro termini solari (nijūshi sekki, 二十四節気), che dividono l’anno in 24 segmenti basandosi sulla posizione del sole lungo la sua eclittica. In questo giorno, la durata del giorno e della notte è quasi uguale in tutto il mondo. In astronomia, il giorno di primavera segna l’inizio della primavera ed è il momento in cui si inizia a percepire il tepore primaverile.

    「自然をたたえ、生物をいつくしむ」

    “Onorare la natura e celebrare le creature viventi”

    Secondo il naikakufu (内閣府), l’ufficio di gabinetto giapponese, questa festa nazionale (国民の祝日,kokumin no shukujitsu) è stata istituita per “onorare la natura e celebrare le creature viventi”.

    Il termine shunbun è composto da due ideogrammi: shun/haru (春) che significa “primavera” e bun (分) che significa “divisione”. Come scritto in precedenza questa festa cade infatti in un giorno particolare, quando la durata del giorno e della notte è quasi uguale in tutto il mondo. Questo evento astronomico, chiamato equinozio di primavera, segna l’inizio ufficiale della stagione primaverile nell’emisfero settentrionale.

    L’equinozio di primavera può verificarsi tra il 20 e il 21 Marzo di ogni anno. La data precisa viene calcolata in base a complessi calcoli astronomici che tengono conto del moto di rotazione terrestre. Per questo motivo, la festa di primavera non ha una data fissa sul calendario.

    Questa data non è fissata per legge, ma viene determinata in base al reki-yōkō (暦要項), un calendario ufficiale pubblicato dall’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone, il Kokuritsu-tenmon-dai (国立天文台).

    Il reki yōkō viene pubblicato circa un anno prima, fornendo la data ufficiale dello shunbun no hi per l’anno successivo

    Secondo quando riportato sul sito dell’ Osservatorio Astronomico Nazionale, sebbene il shunbun no hi cada generalmente il 20 o 21 Marzo di ogni anno, la data precisa può variare a causa di due fattori principali:

    1. Il moto del Sole e della Terra:

    Il Sole si muove lungo un’orbita immaginaria chiamata eclittica, kōdō (黄道) in giapponese.

    L’equatore terrestre, se prolungata fino al cielo, forma un’altra linea immaginaria chiamata equatore celeste, ten no sekidō (天の赤道) in giapponese.

    I due punti in cui l’eclittica e l’equatore celeste si intersecano sono chiamati punto di primavera (春分点, shubun ten) e punto d’autunno (秋分点, shūbun ten).

    Kokuritsu Tenmon dai

    Lo shunbun no hi cade il giorno esatto in cui il sole, lungo la sua orbita eclittica attraversa il punto di primavera.

    1. Le variazioni del moto terrestre:

    La rotazione terrestre non è costante e può subire lievi accelerazioni o decelerazioni nel tempo.

    Questi cambiamenti, seppur minimi, possono accumularsi e causare un leggero spostamento del punto di primavera.

    Per questo motivo, la data dello shunbun no hi non è mai la stessa e deve essere calcolata ogni anno con precisione.

    Le feste nazionali giapponesi hanno spesso origine da cerimonie religiose, conosciute come kyūchū-saishi (宮中祭祀) tenute dall’imperatore e dall’imperatrice per la felicità del popolo. Il giorno di primavera non è da meno, traendo origine dalla cerimonia di primavera per gli spiriti imperiali, la shunki kōreisai (春季皇霊祭).

    Kunaichō

    Questa cerimonia celebra il periodo in cui tutta la vita nella natura si risveglia e rinasce. Per questo motivo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il giorno di primavera è stato adottato come festa nazionale.

    Sebbene comunemente chiamata festa di primavera, lo shunhun no hi, nello Shintō è anche conosciuto come “Cerimonia di Primavera per gli Spiriti Imperiali” (春季皇霊祭, Shunki Kōreisai).

    Si tratta del nome antico della festività e, pur essendo oggi una festa nazionale, le sue origini risiedono in un rito religioso. In origine, l’imperatore si recava presso il Kōreiden (皇霊殿), uno dei tre santuari presenti all’interno del palazzo imperiale, per venerare gli spiriti dei suoi antenati, a partire dai primi imperatori fino ai membri defunti della famiglia imperiale.

    Mainichi Shinbun
    Zero News

    Le prime attestazioni di questo rituale si trovano nel Kojiki (古事記) e nel Nihon Shoki (日本書紀) due testi storici giapponesi. Inizialmente, durante il periodo Heian (平安時代794-1185), la cerimonia si svolgeva secondo la tradizione buddista nel seiryōden (清涼殿) all’interno del Kyōto-gosho (京都御所), il palazzo imperiale di Kyōto. Tuttavia, durante il periodo Meiji (明治時代, 1868-1912), il rito venne convertito in un culto shintoista.

    Questo giorno ci fa riflettere sulla nostra stessa esistenza, frutto del sacrificio e del lavoro dei nostri antenati.

    Importante è ricordare il legame del shunbun ni hi con la festività buddista dell’Ohigan (お彼岸)

    L’Ohigan (お彼岸) è una festività buddista celebrata due volte all’anno, in corrispondenza proprio dell’equinozio di  primavera e dell’equinozio d’autunno (秋分の日, shūbun ni hi). La celebrazione vera e propria dura sette giorni, includendo i tre giorni prima e i tre giorni dopo l’equinozio.

    Nella tradizione dello Jōdo Shinshū (浄土真宗, il Buddismo della terra pura), il mondo in cui viviamo, pieno di sofferenza e illusioni, è chiamato shigan (此岸, letteralmente “questo mondo”), mentre il nirvana, la terra della beatitudine eterna, è chiamato higan (彼岸, letteralmente “l’altra riva”).

    Durante gli equinozi, giorno e notte hanno la stessa durata. Secondo la tradizione, in questo periodo il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia. Questo cambio di stagione diventa un’occasione per la riflessione personale e per ricordare e onorare i defunti.

    Il cibo tipico di questa giornata è il bota-mochi (ぼた餅), un dolce fatto con il mochigome (糯米/もち米), riso glutinoso e ricoperto di pasta di azuki (小豆), i fagioli rossi. Il colore rosso della pasta di fagioli è considerato un portafortuna e si dice che abbia il potere di allontanare gli spiriti maligni. Si pensa che l’usanza di mangiare il botamochi derivi dalla tradizione di offrirlo agli antenati durante l’Ohigan.

    Tenki.jp

    Il termine botamochi (牡丹餅) è composto da due kanji (anche se quasi sempre lo si vede scritto in hiragana):

    Bota (牡丹) che significa “peonia”

    Mochi (餅) che significa “dolce di riso glutinoso”

    Si crede che l’origine del nome sia legata all’aspetto del dolce. La forma arrotondata del botamochi, servito spesso avvolto in un foglio di bambù, ricorda infatti il nocciolo del fiore di peonia.

    Esistono due teorie principali sul perché il botamochi sia stato associato alla peonia:

    1. Periodo di fioritura:

    Il botamochi viene tradizionalmente consumato durante la stagione della peonia, che in Giappone va da metà Marzo a Maggio. In questo periodo, i fiori di peonia sbocciano in tutta la loro bellezza, e il dolce rappresenta un modo per celebrare questa stagione. Il colore rosso dei fiori di peonia è considerato di buon auspicio in Giappone.

    1. Simbolismo:

    La peonia con il suo colore rosso è un fiore molto apprezzato in Giappone, simbolo di ricchezza, prosperità e fortuna. Il botamochi, con la sua forma rotonda e il colore rosso rimanda a questi stessi simboli, assumendo un significato propiziatorio .

    Le prime attestazioni del botamochi risalgono al periodo Heian (平安時代, 794-1185). In quel periodo, il dolce era conosciuto come kaimochi (かいもち). Il nome botamochi si diffuse in seguito, diventando il termine più utilizzato a partire dal periodo Edo (江戸時代, 1603-1868).

    「棚からぼたもち」

    Tana kara botamochi

    Esiste un proverbio giapponese che recita: Tana kara botamochi (棚からぼたもち), che significa letteralmente “un botamochi cade da una mensola”. Il proverbio è usato per indicare una situazione di fortuna inaspettata, un vero e proprio “colpo di fortuna”.

    Il potere benefico del riso rosso, sekihan: un tocco di fortuna per l’equinozio.

    Analogamente al botamochi, anche il sekihan (赤飯, riso rosso con fagioli azuki) è considerato un alimento con proprietà propiziatorie.

    Il termine sekihan (赤飯), vuole dire letteralmente “riso rosso”, indica un piatto tipico della cucina giapponese a base di mochigome (餅米, il riso glutinoso) e fagioli azuki.

    Le origini del sekihan sono antiche e risalgono al periodo Jomon (縄文時代, 14.000-300 a.C.). In origine, il piatto era preparato con riso selvatico e fagioli rossi fermentati. La versione moderna si è diffusa durante il periodo Edo (1603-1868).

    Fin dall’antichità in Giappone, si credeva che il colore rosso dei fagioli azuki avesse il potere di scacciare gli spiriti maligni. Per questo motivo, durante l’equinozio di primavera e d’autunno, è tradizione preparare e offrire il sekihan come simbolo di buon auspicio e protezione.

    Maff.go

    Il consumo del sekihan durante l’equinozio assume un significato più profondo, associandosi al rituale di purificazione e rinascita. Il colore rosso, emblema di vitalità e forza, rappresenta la vittoria della vita sulla morte e la speranza di un nuovo inizio.

    La preparazione del sekihan è semplice e richiede pochi ingredienti: mochigome, riso glutinoso, fagioli azuki, acqua e sale. Il riso viene cotto a vapore insieme ai fagioli, assumendo una caratteristica colorazione rosso intenso. Il sapore dolce e leggermente salato del sekihan lo rende un piatto versatile, perfetto per accompagnare diverse pietanze o da gustare da solo.

    Esistono diverse varianti del sekihan a seconda della regione del Giappone. In alcune zone si aggiungono verdure, castagne o altri ingredienti al riso.

    Oltre al suo valore simbolico, il sekihan rappresenta un momento di condivisione e convivialità. Durante l’equinozio, le famiglie si riuniscono per preparare e gustare questo piatto antico, tramandando di generazione in generazione una questa ricetta ricca di significato e di gusto.

    Il passaggio dall’inverno rigido alla mite primavera rappresenta un momento di cambiamento delicato per il nostro corpo. Le temperature incostanti e il risveglio della natura possono influenzare il nostro equilibrio e le nostre difese.

    In Giappone, per accompagnare questo periodo di transizione, esiste una tradizione secolare: il consumo di higan-soba (彼岸そば) e higan-udon (彼岸うどん), i soba e gli udon dell’equinozio di primavera o dello Ohigan)

    Sobahonda.jp

    Questi due tipi di alimenti sono particolarmente indicati per questo periodo grazie alle loro proprietà:

    Digestibilità: facili da digerire, aiutano a lenire lo stomaco e l’intestino dopo i rigori invernali.

    Nutrienti: ricchi di carboidrati, forniscono energia e sostengono il corpo durante il cambio di stagione.

    Simbolismo: la caratteristica lunghezza di soba e udon rappresenta la longevità e la prosperità.

    Consumare i soba e udon durante l’equinozio di primavera non è considerato solo un mero atto di gusto, ma un vero e proprio rituale di benessere. Un momento per prendersi cura di sé, con un piatto semplice e nutriente che rinvigorisce il corpo e lo spirito.

    Il loro sapore delicato e versatile si presta a diverse preparazioni, con brodi caldi o freddi, verdure di stagione e altri ingredienti a seconda dei gusti e delle tradizioni locali. Un piatto che unisce gusto e tradizione, celebrando la rinascita della natura e la nuova energia della primavera.

    Questi alimenti rappresentano un ponte tra passato e presente, un antico rituale che si rinnova ogni anno, unendo la saggezza della tradizione al gusto e al benessere del corpo. Un modo per connettersi con la natura e con i propri cari, assaporando un piatto semplice ma ricco di significato.

    Conosciuta anche come hyakka no ō (百花の王), la “regina dei fiori”, la peonia si distingue per la sua bellezza regale, con fiori grandi e colorati che sbocciano in primavera.

    大根島牡丹園 (Il giardino delle peonie di Daikonshima)

    La peonia è un simbolo di buon auspicio in molte culture, associata alla ricchezza, alla prosperità e alla felicità. In Cina, è considerata un fiore sacro e viene spesso regalata come simbolo di augurio per il nuovo anno.

    La peonia compare in diverse forme d’arte giapponesi, come la poesia, la letteratura e la pittura. Il suo nome, botan (牡丹), deriva da “botan-e“, che significa “fiore rosso”. La peonia è anche un motivo decorativo popolare sin dal periodo Heian, presente su kimono, ceramiche e altri oggetti d’arte.

    Dalla fine di marzo alla fine di aprile, gli alberi di magnolia ci regalano la loro bellezza con fiori che sfoggiano un delicato contrasto: bianco all’interno e rosso porpora all’esterno.

    I boccioli della magnolia custodiscono un segreto: sono sempre rivolti verso nord. Un enigma che ha dato origine al soprannome di “fiore bussola”.


    La Festa di Primavera rappresenta un momento di rinascita e di speranza per il popolo giapponese. È un’occasione per riflettere sulla bellezza della natura e per apprezzare i doni che essa ci offre. Le celebrazioni di questa festa sono un modo per rafforzare il legame con la tradizione e per guardare al futuro con ottimismo.

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