Ombrelli Rotti

Categoria: Arti marziali

  • Cosa intendeva dire Miyamoto Musashi con la seguente frase?

    Cosa intendeva dire Miyamoto Musashi con la seguente frase?

    La prima cosa da fare in questi casi è procurarsi l’originale. Si tratta dell’originale giapponese preso dal leggendario libro di Miyamoto Musashi Go Rin no Sho. Eccolo. 

    心は広く直なるを本とすべし。道においては我に師匠なし、自己を以て師となす。広き心も偏りては我慢となる。直なる心も頑になれば道に違う。広く直にして、よく工夫あるを本とす。

    Il giapponese è arcaico. Mia moglie, data un’occhiata, si è rifiutata di aiutarmi dicendo che questo non è giapponese. Mah,  shakura

    La traduzione mi è costata ore di ricerca e Lavoro. Sono abbastanza sicuro sia corretta, per quanto si può essere certi con un testo di questo genere.

    Alcune note. 

    Ci sono due grossi problemi nella prima frase. Il primo è Kokoro, un concetto praticamente intraducibile,

    A seconda delle circostanze, esso può essere tradotto sia con cuore in senso figurato sia con mente. In ambedue i casi, non corrisponde al cuore italiano e alla mente italiana. Questo non è il luogo in cui soffermarsi tropp sull’ argomento. Diciamo che è una mente più intuitiva che razionale, una mente che deve essere del tutto vuota per essere completamente disponibile al guerriero, un concetto questo che ha un nome: mushin, dove mu vuol dire vuoto, assenza e shin mente.

    Per quello che riguarda Michi, che è poi il -dō di aikido, bushido e kendō, occorre tenere presente che in Giappone non si impara da un mae Un uomo più anziano di noi ci insegna qual è la strada, che è null’altro che un punto di partenza e un punto di fine. Tutto quello che sta in mezzo lo dobbiamo fare noi, concepirlo noi.

    Ora siamo pronti a leggere

    心は広く直なるを本とすべし。

    La mente deve essere sempre attenta e retta.

    道においては我に師匠なし、自己を以て師となす。

    Lungo la mia strada non ho maestri, ma sono io stesso maestro.

    広き心も偏りては我慢となる。

    Una mente aperta e non retta tende all’arroganza

    直なる心も頑になれば道に違う。

    Una mente retta ma inflessibile ci farà perdere la via.

    広く直にして、よく工夫あるを本とす。

    Occorre essere aperti, retti, e pieni di risorse.

  • -kyō e -dō

    -kyō e -dō

    A ciascuno la sua strada

    Qualche giorno fa ho scritto un breve articolo sulla mia scoperta che la presenza del suffisso -dō dopo il nome di una disciplina giapponese non è neutrale, ma ha implicazioni precise che non vanno ignorate. 

    La scoperta mi ha aperto diverse porte, facendomi realizzare un’altra volta che penso di comprendere cose che in realtà non mi sono chiare. Ora spiego.

    Le dottrine e le “vie”

    Conosco diverse parole giapponesi che terminano con il suffisso “dō” (道), un carattere usato solo in composti che significa “via” o “cammino”. Ecco alcuni esempi:

    1. Judō (柔道), “la via morbida”, un’arte marziale che enfatizza la flessibilità e l’efficienza.

    2. Kendō (剣道): “la via della spada”, un’arte marziale che si concentra sull’uso della katana in bambù. Gli scolari in divisa da kndō 

    3. Aikidō (合気道) “la via dell’armonia spirituale”, un’arte marziale che mira ad armonizzare l’energia.

    4. Karatedō (空手道), ”la via della mano vuota”, un’arte marziale che impiega ogni parte del corpo per l’autodifesa senz’armi.

    5. Chadō (茶道) “la via del tè”, più comunemente conosciuta come la cerimonia del tè giapponese.

    6. Shodō (書道), “la via della scrittura”, l’arte giapponese della calligrafia.

    7. Ikebanadō (生け花道) “la via dell’ikebana”, l’arte giapponese di arrangiare i fiori.

    8. Shintō, nome di una religione spacciata per la più antica del popolo giapponese, in realtà un’invenzione dell’amministrazione Meiji. (Nota 1)

    Per spiegare un po’ meglio il significato di questo suffisso, -dō indica che, a differenza di quanto accade nel buddhismo, dove esistono e sono sempre esistiti i maestri ( a partire da Siddhartha Gautama), la conoscenza in Giappone viene associata col perseguire una via. Tale via ti darà un obiettivo e null’altro. Il resto dovrai trovarlo da solo nel percorrere la tua strada. Non ci sono insegnamenti, l’essenza della via è la tua crescita personale,  conseguenza diretta dei problemi che incontrerai e delle soluzioni che darai loro.

    Il pensiero e l’azione

    Sarebbe un errore a questo punto pensare che questo modo di pensare si limiti a queste poche arti. 

    Al contrario, l’enciclopedia della filosofia dell’Università di Stanford dichiara che l’unione di azione e pensiero è la caratteristica fondamentale della filosofia giapponese.

    Se questo è vero, e non ho ragione di pensare il contrario, la filosofia giapponese si limita al rapporto fra l’individuo e il mondo, un raggio di interessi molto inferiore a quello della filosofia europea, che si estende perlopiù al non umano, per capirlo e definirlo.

    Alla base delle manifestazioni di creatività giapponese che abbiamo visto c’è l’incontro con la realtà come momento di comprensione di se stessi. Nel modo di pensare del Giappone l’importante non è la riflessione astratta, quanto quella applicata appunto all’azione.

    Credo di avere un episodio tratto dalla mia vita personale che illustra bene il significato di via come appare nella filosofia giapponese. Sono falegname, scadente ma falegname, e mi sono autoimposto alcune condizioni di lavoro piuttosto scomode, ma che mi consentono di evitare di farmi male seriamente. Non uso utensili utensili elettrici, il che vuol dire che passo spesso ore a fare quanto altri fanno in un minuto, meglio di me e con una sega a nastro di costo modesto. Eppure la decisione di non usare utensili elettrici, ma solo una sega a mano Ryōba, originariamente presa per motivi di sicurezza, è stata una delle migliori della mia vita. Le difficoltà extra che mi sono andato a cercare mi hanno tutte insegnato qualcosa di utile. La prima è stata quanto duro e difficile sia essere un falegname, e quanto difficile sia mantenere una famiglia in questo modo. Lavori per due giorni per costituire un oggetto disponibile da qualche parte per metà di quello che hai speso, senza contare il tuo lavoro. 

    C’è di più, ovviamente. Costruire qualcosa di concreto, avere un obiettivo preciso in mente, necessitare di cose che non possedevi come la pazienza e l’accettazione serena che un errore può rendere inutili giorni di lavoro, ti cambiano. Per essere un buon falegname devi essere una persona migliore. I tuoi mobili rifletteranno la complessità e la ricchezza della tua personalità. I mille pali fra le ruote che ho trovato prima del successo mi sono stati molto utili in campi molto diversi dalla falegnameria. La pazienza è una dote utile un po’ dappertutto.

    Ed ora arriva finalmente l’episodio che avevo nominato in apertura. Avevo notato che molti dei pali usati dall’industria edilizia (2 by 4) qui in Giappone per costruire le case sono fatte in legno bianchissimo. Ho deciso quindi di tagliare uno di questi pali in fettine, ciascuna di dimensione 180 × 12 × 0,5 cm per farne scatole. La prima fetta mi è costata quattro ore di lavoro. Il legno era durissimo e fibroso, uno dei peggiori che avrei potuto scegliere. Non mi pento del mio fallimento. Ci sono due modi per imparare. Uno è la fortuna, l’altro è il fallimento.

    A modo mio, , ho trovato il mio “-dō,” la mia strada. ‘’

    Note

    1 Chi avesse dubbi in proposito può leggere Shinto in the History of Japanese Religion dell’insigne studioso Kuroda Toshio.

  • Il pensiero e l’azione nella filosofia giapponese, Parte prima

    Perché il termine buddhismo in giapponese finisce in -kyō e quello Shintō in -tō (come Jūdō, Kendō, Kyūdō e Aikidō)?

    L’altro giorno ho parlato del mio nuovo amico che è un sacerdote Shinto. Nello spiegarmi perché lo Shintō a suo parere non è una religione, Otomo ha menzionato il fatto che la parola giapponese per buddismo finisce in –kyō (bukkyō, insegnamento di Buddha) e quella Shinto in – (strada). 

    Mi sono chiesto allora che differenza fa.

    Il suffisso “-do” di Shintō viene usato nelle arti marziali giapponesi, come in Jūdō,” “Kendō,” “Aikidō,” “Karatedō”, ecc., dove significa “via” o “percorso”. )

    Ho cercato su Internet e non ho trovato quello che cercavo. Alla fine credo di esserci arrivato da solo. Il –kyō del buddismo indica la presenza di un insegnamento e di un maestro, in altri termini, di una guida. 

    La strada cui allude il – di Shintō è un percorso del quale conosci solo il punto di arrivo. Il resto lo devi scoprire da solo.

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