Immagina un Capodanno dove al posto di luci sfavillanti, troneggiano semplici tortine di riso, intrise di secoli di tradizione e spiritualità. In Giappone, queste non sono semplici tortine: sono kagami mochi (鏡餅), letteralmente “tortine di riso a specchio”, e rivestono un ruolo speciale nei cuori e nelle case dei giapponesi durante le festività di Capodanno (oshōgatsu お正月).
Cosa sono i mochi? Un inizio appiccicoso
Prima di addentrarci nel mondo del kagami mochi, scopriamo cosa sono i mochi (餅). Queste tortine di riso gommose e glutinose sono fatte a partire dal mochigome (糯米), una varietà di riso a chicco corto, bianco opaco e dal contenuto di amido molto elevato. Il riso viene cotto al vapore e poi pestato fino a ottenere un impasto liscio ed estremamente elastico. Il risultato è una delizia appiccicosa e delicatamente dolce, base di molti dolci e piatti giapponesi.
L’etimologia di kagami mochi: riflessi di divinità
Il termine kagami mochi (鏡餅) deriva da kagami (鏡), che significa “specchio”. Nell’antichità, gli specchi di bronzo erano considerati oggetti sacri, simboli del divino e della verità. L’aggiunta di mochi (餅), che indica la tortina di riso, crea un’immagine potente: una tortina che riflette la divinità. Questa connessione con lo specchio, che riflette la realtà e l’anima, conferisce al kagami mochi un significato spirituale profondo.
Origini storiche e culturali
La tradizione del kagami mochi affonda le radici nel periodo Heian (794-1185 d.C.) e si è evoluta da antichi rituali in onore di divinità e antenati. Era un’offerta votiva al toshigami (年神), il kami del nuovo anno, considerato portatore di buona fortuna, salute e abbondanti raccolti.
Kagami mochi e le celebrazioni di Capodanno
Yorishiro, mitama e tamashii, la dimora dello spirito del nuovo anno
Nello shintoismo, la religione autoctona giapponese, gli yorishiro (依り代) sono oggetti o luoghi che si ritiene attraggano i kami. Sono quindi delle dimore temporanee per gli spiriti. Durante il Capodanno, il toshigami viene accolto nelle case e il kagami mochi funge proprio da yorishiro, un recipiente temporaneo per lo spirito del kami. Ma non solo, il kagami mochi è anche considerato il ricettacolo del mitama (御霊) del toshigami.
Il termine mitama (御霊) si riferisce all’aspetto spirituale o all’anima di una divinità. È la forza vitale, l’essenza divina che risiede all’interno di un kami. Nel contesto del kagami mochi, si crede che il mitama del toshigami discenda e risieda temporaneamente all’interno del mochi, conferendogli un potere sacro e benedicente. Questo concetto è strettamente legato alla nozione di tamashii (魂, anima), che nella cultura giapponese è considerata l’energia vitale, la forza che anima ogni essere vivente. Anticamente si credeva che, all’inizio dell’anno, la tamashii del kami (神, divinità) venisse condivisa con tutti gli esseri viventi, donando una parte della propria anima per conferire a tutte le creature la forza necessaria per affrontare il nuovo anno.
Il kagami mochi, quindi, non è solo un contenitore del mitama, ma anche un veicolo attraverso il quale questa energia vitale viene distribuita e condivisa. Offrendo una dimora confortevole al mitama del toshigami, le famiglie sperano di ricevere benedizioni di salute, prosperità e felicità per l’anno nuovo.
L’esposizione del kagami mochi
Normalmente, nelle famiglie giapponesi, l’esposizione del kagami mochi avviene una volta terminate le pulizie di fine anno, preparandosi all’arrivo del nuovo anno. È consuetudine evitare di esporlo il 29 dicembre, giorno considerato nefasto. A differenza di altre offerte che si fanno durante l’anno, il kagami mochi non è un semplice ornamento. Essendo considerato uno shintai (神体), un oggetto che incarna una divinità, si crede che al suo interno dimori il toshigami, la divinità del nuovo anno. Per questo motivo, non è consuetudine conservarlo per tutto l’anno o riporlo dopo le feste. Aprendolo durante il kagami biraki, si permette al toshigami di uscire, compiere la sua benedizione sulla famiglia e poi fare ritorno al suo luogo di origine.
Sanpō e shihōbeni
Il kagami mochi non viene semplicemente appoggiato su una superficie qualsiasi; tradizionalmente, viene esposto su un supporto di legno chiamato sanpō (三宝), che letteralmente significa “tre tesori”. Sopra il sanpō viene posto un foglio di carta speciale chiamato shihōbeni (四方紅), letteralmente “rosso quattro lati”. La funzione di questo foglio non è puramente ornamentale, ma ha un significato apotropaico, ovvero serve come augurio e protezione verso l’abitazione contro eventuali incendi. Oltre a questi elementi, il kagami mochi viene spesso ornato con una striscia di alga konbu (昆布) e con una piccola striscia di cachi essiccati.
Due strati, molteplici significati
Il kagami mochi è composto due mochi rotondi sovrapposti, con quello più piccolo posto sopra quello più grande. Questa struttura apparentemente semplice è ricca di simbolismo:
I due strati
I due mochi rappresentano diverse dualità:
- In e yō (陰陽, Inyō): le forze fondamentali di equilibrio nell’universo, l’equivalente giapponese di yin e yang.
- Tsuki e taiyō (月と太陽): la Luna e il sole, corpi celesti che rappresentano diversi aspetti della natura e del tempo.
- Kyonen e kotoshi (去年と今年): l’anno passato e l’anno che verrà, una riflessione sul passato e uno sguardo al futuro.
Daidai
Come per alte decorazioni di Capodanno sulla cima del mochi più piccolo si trova una daidai (橙), una tipica arancia giapponese dal gusto amarognolo. Il nome daidai (代々) suona simile alla parola giapponese per “generazioni”, che simboleggia la continuazione della stirpe familiare attraverso le generazioni. Questo frutto infatti raramente cade anche quando maturo, così frutti vecchi e nuovi possono essere visti sullo stesso albero, simboleggiando la continuazione delle generazioni.
Kagami biraki: l’apertura dello specchio
Dopo la visita del toshigami (di solito intorno all’11 gennaio), il kagami mochi viene rimosso e rotto in un rituale chiamato kagami biraki (鏡開き), letteralmente “aprire lo specchio”. È fondamentale notare che il mochi non viene tagliato con un coltello, poiché rappresenterebbe sia il taglio dei legami o la rottura della buona fortuna e un riferimento diretto alla pratica del seppuku. Invece, viene rotto a mano o con un martello di legno (kizuchi 木槌). Questo atto di rottura non è distruttivo, ma piuttosto un’ “apertura” simbolica per condividere il potere e le benedizioni del kami del nuovo anno. Si crede che in questo modo l’anima del toshigami contenuta nel mochi venga liberata e distribuita tra i partecipanti, portando fortuna e prosperità.
Essendo considerato uno shintai si crede che al suo interno dimori la divinità del nuovo anno e aprendolo si permette a quest’ultima di uscire, compiere la sua benedizione sulla famiglia per poi fare ritorno al suo luogo di origine.
Kagami-biraki e i samurai
Nella società dei samurai dei periodi Sengoku ed Edo (circa XV-XIX secolo), esisteva un rituale chiamato gusoku-iwai (具足祝い) o gusoku-biraki (具足開き) in cui il mochi veniva offerto di fronte al kacchū (甲冑), l’armatura e le spade, considerate l’anima del samurai, e poi mangiato dopo il Capodanno. Questo rituale sottolinea ulteriormente il legame del mochi con la forza, la protezione e la buona fortuna.
La cerimonia del kagami biraki segnava la fine del nuovo anno e l’inizio dei lavori dell’anno nuovo. Si dice che i samurai aprissero i loro forzieri, i mercanti i loro magazzini e i contadini iniziassero l’anno con la semina del riso. Poiché questo rituale ebbe origine all’interno della classe dei samurai, era proibito tagliare questi dolci usando coltelli o altre lame, in quanto il gesto veniva associato al seppuku. La gente iniziò a romperli a mano o con un martello. Fu inoltre deciso di utilizzare la parola biraki (dal verbo hiraku), ovvero aprire piuttosto che la parola waru (割る, rompere) perché si credeva portasse sfortuna.
Un simbolo di prosperità e continuità
Il kagami mochi e il kagami biraki sono più di semplici usanze; sono una finestra sulla ricca cultura e spiritualità giapponese. Ci ricordano l’importanza della famiglia, della tradizione e del legame con il divino. La prossima volta che vedrai queste semplici ma profonde tortine di riso, ricorda la storia che raccontano: una storia di accoglienza, benedizioni e il potere duraturo della tradizione.
Una risposta a “Kagami mochi: lo specchio del nuovo anno e il rituale del kagami biraki”
Bellissimo post, è un piacere leggere tutto quello che scrive sul blog. Tantissimi auguri di Buon Anno