Il culto di Enma, giudice degli inferi
Durante il vostro soggiorno a Tōkyō, perché non aggiungere un tocco di mistero alla vostra vacanza? Oltre ai templi e santuari più famosi, potreste visitare luoghi meno conosciuti, ma altrettanto affascinanti. Alcuni di questi sono dedicati a Enmaō (閻魔王), re e giudice degli inferi, conosciuto anche come Enma-Daiō (閻魔大王).
Non spaventatevi! In Giappone, Enma-sama non è visto come un semplice bogeyman, ma come una figura che insegna l’importanza della bontà e dell’onestà, soprattutto ai più piccoli. Recarsi in visita ad una delle sue statue è come fare un viaggio nel cuore della cultura giapponese e scoprire come un parte della religione e del folklore abbia plasmato la società.
Mia moglie dice spesso ai nostri figli frase del tipo:
“Se dici bugie, Enma-sama ti tirerà fuori la lingua”
un modo di dire usato per scoraggiare i bambini dal mentire, suggerendo che Enma punirà i bugiardi. In italiano, un equivalente potrebbe essere “Se mentirai, ti verrà tagliata la lingua”.
Oppure:
“Se andrai all’inferno o in paradiso lo deciderà Enma-sama“
significa che Enma decide la destinazione finale delle anime dopo la morte, in base alle loro azioni durante la vita.
Enma infatti è spesso rappresentato come un giudice severo, con un aspetto minaccioso e un lungo bastone che usa per punire i peccatori.
Enma shinkō, il culto di Enma
Chi l’avrebbe mai detto? Anche nel cuore di Tōkyō, una delle città più moderne del mondo, c’è un profondo legame con il mondo dell’ aldilà. L’ Enma shinkō (閻魔信仰), letteralmente “culto di Enma” è stato una parte importante della cultura giapponese.
Ci sono circa 40 statue di Enma sparse per la città e c’è un motivo particolare per cui questi luoghi erano così popolari in periodo Edo. Il 16 di ogni mese è dedicato al giudice degli inferi, ma il 16 Gennaio e il 16 Luglio sono date ancora più speciali. Il 16 Gennaio, chiamato anche hatsu Enma (初閻魔) e il 16 Luglio, ultimo giorno dedicato alle celebrazioni per il Bon, i templi di Enma erano affollatissimi. Sembra che anche l’inferno abbia i suoi giorni di festa.
Hatsu-Enma e lo yabuiri
Il 16 Gennaio si celebra lo hatsu Enma (初閻魔), la prima festa dell’anno dedicata al temibile giudice. In passato, questo giorno coincideva con lo yabuiri (薮入り), il giorno in cui veniva concesso ai servi un giorno libero. Si credeva che anche Enma in persona scendesse sulla terra in questo giorno.
Lo yabuiri
Nel periodo Edo (1603-1868), un’epoca che ha profondamente segnato la storia del Giappone, i servi che lavoravano nei negozi e presso le famiglie più ricche, godevano di un giorno di riposo speciale chiamato yabuiri (薮入り), il 16 Gennaio, nel giorno successivo al koshōgatsu (小正月), letteralmente il “piccolo capodanno”, durante il quale si celebra la prima luna piena dell’ anno nuovo.
In questa giornata, oltre a ricevere doni e denaro dai loro padroni, si racconta che i servitori erano soliti visitare i santuari dedicati ad Enma. Questa usanza nasceva dalla credenza che anche nell’aldilà ci fossero dei momenti di pausa. Si pensava infatti che, coincidendo il riposo dei servi con le celebrazioni dedicate ad Enma, anche l’inferno si prendesse un giorno di pausa, permettendo così al grande giudice di scendere sulla Terra. Un’affascinante testimonianza di come la spiritualità e le tradizioni popolari si intrecciassero nella vita quotidiana dei giapponesi di un tempo.
Anche il 16 Luglio, data che coincideva con la conclusione dei festeggiamenti del Bon, come il 16 Gennaio era un giorno particolarmente significativo, chiamato daisaiji (大斎日), ed era un giorno dedicato alle pratiche purificative. In questa data, i templi dedicati ad Enma erano particolarmente affollati. Questa usanza, nata nel periodo Edo, si è tramandata, seppur in forma ridotta, fino ai giorni nostri: ancora oggi, in alcuni templi di Tōkyō, si tengono cerimonie speciali e le statue di Enma vengono esposte al pubblico. È un modo per mantenere viva una tradizione millenaria e per riflettere sul significato della vita e della morte.
Taisōji
Il 16 Luglio, in occasione dell’ Enma-saijitsu (閻魔祭日), vi invito a visitare e scoprire il Taisōji (太宗寺), un tempio buddista nascosto nel cuore del quartiere di Shinjuku. Facilmente raggiungibile dalla stazione Shinjuku Gyoenmae (新宿御苑前駅), questo tempio, seppur privo del tradizionale sanmon (山門), offre un’atmosfera tranquilla e suggestiva. All’ingresso vi accoglie una delle roku–edojizō (江戸地蔵), statue di Jizō (地蔵) che un tempo segnavano gli ingressi principali di Edo. Superata questa statua, si giunge all’Enma-dō (閻魔堂), dove è custodita la statua di Enma. Un luogo ideale per immergersi in una parte della spiritualità giapponese.
Il Taisōji era considerato uno dei tre principali luoghi di Edo dedicati al culto di Enma (江戸三大閻魔, Edo Sandai Emma). Gli altri due sono il Zenyōji (善養寺) in zona Edogawa e il Ketokuin (華徳院), a Suginami.
La statua di Enma è davvero enorme, alta oltre cinque metri, venne installata in questo tempio nel 1814 e divenne subito un punto di riferimento religioso per la zona di Naitō Shinjuku (内藤新宿), tanto da essere anche conosciuta come naitō Shinjuku no Enma-sama (内藤新宿のおえんま様), “l’ Enma di Naitō Shinjuku“.
Intorno alla metà del XIX secolo, si diffuse la voce che gli occhi di questa statua, fossero fatti di cristallo. Così, un folle, forse in preda ai fumi dell’ alcol, ci credette così tanto da rubarne uno. Questo fatto divenne talmente famoso da essere raffigurato in stampe e reso celebre in tutto il paese.
Vicino alla statua di Enma c’è anche quella di datsueba (奪衣婆). Letteralmente “la vecchia che strappa i vestiti”, è una figura infernale al servizio di Enma. È un demone che assume le sembianze di una vecchia e si occupa di spogliare i vestiti di coloro che si presentano al fiume Sanzu senza le sei monete, il compenso necessario per attraversarlo. Datsueba spoglia le persone dei loro abiti e li consegna al suo consorte, un’anziano demone di nome keneō (懸衣翁) che li appende a un albero chiamato eryōju (衣領樹). Misurando la curvatura dei rami, riesce a determinare il peso degli abiti e, di conseguenza, la gravità dei peccati commessi dalla persona. Chi è innocente non viene giudicato, mentre i peccatori sono condotti al cospetto di Enma.
Datsueba, visto il suo compito di spogliare le persone, fu venerata anche come divinità protettrice delle case di piacere di Naito Shinjuku.
Genkakuji
Come abbiamo già scritto in precedenza nel folklore giapponese, Enma è una figura molto importante. Viene spesso raffigurato come il giudice supremo dell’oltretomba, colui che decide il destino delle anime dopo la morte. Tra le tante rappresentazioni di Enma, una delle più famose si trova presso il Gengakuji (源覚寺), un tempio buddista situato nel quartiere di Bunkyō. In questa statua, particolarmente significativa, si nota un dettaglio curioso: l’occhio destro è tinti di nero, quasi come se Enma avesse assistito a così tante sofferenze da portarne un segno indelebile sul suo corpo.
Konnyaku Enma
Esiste una leggenda che racconta di una donna anziana, vissuta durante l’era Hōreki (1751-1764), che soffriva di una malattia agli occhi. Dopo aver pregato il grande re Enma per 21 giorni, le apparve in sogno e le promise:
“Come ricompensa per la tua devozione, ti donerò uno dei miei occhi”
Il giorno in cui la sua preghiera fu finalmente esaudita, la vista della donna tornò a essere perfetta. Si racconta che da quel giorno l’occhio destro della statua di Enma si tinse di colore nero. In segno di profonda gratitudine, la donna decise di rinunciare al suo cibo preferito, il konnyaku, e di offrirlo regolarmente ad Enma. Da allora, l’Enma del Gengakuji è conosciuto come konnyaku Enma (こんにゃく閻魔), “Enma del konnyaku” e viene venerato da coloro che soffrono di problemi alla vista.
Il konnyaku non è in vendita all’interno del tempio, quindi lo si deve portare da casa o può essere acquistato in un supermercato o in un konbini che si trovano nelle vicinanze.
Curiosità
Per chi di voi avesse letto Kokoro di Natsume Soseki, ricorderà sicuramente la parte dove l’autore scrive proprio di “camminare lungo la strada di konnyaku Enma“.
Il Gengakuji è un luogo ricco di storia e di spiritualità. Nel corso della sua storia, il tempio ha superato quattro grandi incendi tra cui il “Grande incendio di Meireki” (1657). Fortunatamente, sia il Buddha principale che la statua di Enma sono riusciti a sfuggire a questi disastri ogni volta. Anche durante i bombardamenti aerei su Tōkyō nella Seconda Guerra Mondiale, il tempio principale riuscì a evitare di essere coinvolto nelle fiamme.
Ancora oggi continua ad essere un punto di riferimento per la comunità. La leggenda di konnyaku Enma e la sua associazione con il tempio hanno contribuito a renderlo un luogo di culto e di interesse storico.
Hōjōin
Con oltre 390 anni di storia, l’ Hōjōin (法乗院) è un tempio che affonda le sue radici nel quartiere di Fukagawa. Al suo interno, i fedeli venerano il Daichinyorai (大日如来), una figura centrale nel buddhismo. Conosciuto anche come Fukugawa Enmadō (福川えんま堂), il “tempio di Enma“, questo luogo di culto è da sempre un punto di riferimento per la comunità locale e offre un’oasi di pace e spiritualità.
Sebbene oggi sia quasi completamente urbanizzato, il quartiere di Fukagawa era in origine una zona ricca di corsi d’acqua e canali, come suggerisce il suo nome. In passato anche l’Hōjōin era circondato dall’acqua. Attraversare il ponte per recarsi al tempio doveva evocare nella mente delle persone l’attraversamento del fiume Sanzu per raggiungere il regno dei morti.
High-tech Enma
La statua di Enma che possiamo ammirare oggi è una ricostruzione. L’originale, purtroppo, fu distrutta dal grande terremoto che ha colpito il Kantō nel 1923. La nuova statua, creata nel 1989, è però, molto più di una semplice replica. È un capolavoro tecnologico che unisce tradizione e innovazione.
Questa statua di Enma è un vero e proprio gioiello tecnologico, è conosciuta infatti anche con il nome di “high-tech Enma“. Essendo recente, è dotata di numerose funzioni: grazie a un sistema di altoparlanti, è in grado di emettere suoni, luci e di pronunciare sermoni.
Questa statua offre un’esperienza molto moderna e personalizzata. Sono disponibili ben 19 diverse preghiere, che vanno dalla richiesta di buona salute alla preghiera contro l’infedeltà. Inserendo una monetina nella fessura corrispondente, si può ascoltare un sermone personalizzato pronunciato dalla statua di Enma. È così divertente che si finisce per voler ascoltare tutti i sermoni.
La statua è esposta al pubblico più spesso rispetto ad altre, precisamente il 1° e il 16 di ogni mese. In quei giorni è possibile entrare nella sala e ammirare anche la statua Jizō Bosatsu (地蔵菩薩). Per questa statua disponibili dei legnetti da bruciare, i gomagi (護摩木) per esprimere i propri desideri, e mentre si offrono, sullo schermo viene proiettata l’immagine del paradiso. Anche questa statua è dotata di funzioni tecnologiche avanzate.
Un’apparente contraddizione
Quando pensiamo al Buddismo, immaginiamo spesso un mondo di serenità, meditazione e ricerca interiore. Ma se scaviamo un po’ più a fondo nella cultura popolare giapponese, troviamo un affascinante contrasto: la presenza di figure come Jizō Bosatsu e Enma, che sembrano sfidare i principi fondamentali della dottrina buddista.
Il Buddismo, nella sua forma originale insegnata da Buddha, non prevede l’esistenza di divinità o demoni. È una filosofia che invita a cercare la liberazione dalla sofferenza attraverso la comprensione della natura della realtà. Allora, come si concilia questa visione con figure come Jizō, spesso raffigurato come un bodhisattva che protegge i bambini, o Enma, il giudice dell’oltretomba?
La risposta a questo quesito ci porta in Cina. Enma, il temibile giudice infernale spesso accompagnato dai Dieci Re, ha le sue origini proprio nella religione popolare cinese. È una figura che incarna l’idea di giustizia divina e di un aldilà dove le azioni compiute in vita dopo essere state giudicate vengono ricompensate o punite.
Quando il Buddismo si diffuse in Giappone, entrò in contatto con il folklore locale e si arricchì di nuovi elementi. La figura di Enma, con la sua funzione di giudice, si adattò perfettamente al pantheon giapponese. Nonostante le sue origini cinesi, Enma divenne un personaggio chiave nella mitologia buddista giapponese, presiedendo i giudizi nell’aldilà e determinando il destino delle anime.
Comprendere questa distinzione tra il Buddismo originale e le sue successive interpretazioni culturali è fondamentale per apprezzare la complessità e la ricchezza di questa religione in Giappone. Ci aiuta a capire come questa tradizione religiosa si sia evoluta nel tempo, assimilando e trasformando elementi di diverse culture.
Nel periodo Edo, la figura di Enma era molto presente nell’arte, all’interno di scritture teatrali e religiose ma nel corso degli anni declinò gradualmente. Oggi è quasi scomparsa dalla coscienza religiosa popolare delle nuove generazioni, quello che ne rimane è una eco di una tradizione ormai lontana, forse perché il classico netto dualismo “bene e male” o “luce e oscurità” che risulta chiaramente definito nelle nostra tradizione occidentale, non credo possa dirsi estraneo alla concezione del mondo del popolo giapponese, ma credo assuma una visione piu sfumata e complessa.
In conclusione, mentre il Buddismo insegna che la liberazione dalla sofferenza si trova all’interno di noi stessi, la figura di Enma rappresenta l’idea di una giustizia esterna, di un giudizio divino che ci attende dopo la morte. Questo contrasto ci ricorda che la religione è spesso un mosaico di credenze e pratiche che si stratificano nel corso dei secoli, dando vita a un quadro complesso e affascinante.