Indubbiamente io scrivo molto spesso sull’animismo, ma ritengo di avere valide ragioni per farlo. Essa è infatti causa di molti dei malesseri che affliggono questo paese. Un esempio classico è l’adozione. Nell’articolo che segue tenterò di dimostrare che l’unica spiegazione plausibile del serio problema costituito dall’adozione in Giappone è il culto degli antenati. Sì vedrà che le sue caratteristiche sono così sconcertanti da non ammettere altra spiegazione.
Il problema delle adozioni
Da un lato, essa è estremamente comune. Il Giappone ha il secondo numero più alto di adozioni all’anno nel mondo, dopo gli Stati Uniti. Tuttavia, il 97% di questi adottati sono adulti che non hanno bisogno di aiuto finanziario o bambini legati ai genitori adottivi da legami di parentela. Dall’altra, la riluttanza ad adottare bambini con cui non si ha alcun rapporto di sangue è così grande che solo il 3% degli adottati è costituito da veri orfani.
I fatti sono totalmente coerenti con tutto ciò che sappiamo del Giappone e delle sue tradizioni. Un clan ha bisogno di un capo. Se la natura non ne fornisce uno, è legittimo trovarne uno tra adulti con competenze adeguate. Questo tipo di adozione era normale nel Giappone tribale e tutti lo praticavano senza vederci nulla di male. Grandi figure storiche come Tokugawa Iemitsu erano state adottate.
Una potenziale difficoltà potrebbe essere il fatto menzionato da Hozumi che si credeva che gli antenati non amassero il culto da parte di persone di sangue diverso. Ignorare questa preferenza era considerato uno dei peggiori crimini possibili contro la propria famiglia e si prendevano tutte le misure preventive possibili.
La famiglia patriarcale
In Cina, un altro paese in cui è presente il culto degli antenati, l’adozione era illegale e punita se scoperta. In Giappone era possibile solo in un caso, se una famiglia non aveva eredi maschi e stava per scomparire. Si adottava quindi qualcuno formalmente e lo si considerava , almeno a parole, parte della famiglia. A tempo debito, sarebbe diventato davvero il suo capo.
Come è possibile conciliare i due fatti? Se è vero che un’adozione può dispiacere agli antenati, rimane il fatto che il lignaggio viene prima ancora di loro. È ovvio che anche gli antenati devono adattarsi, e nel loro stesso interesse.
Inoltre, piuttosto che un bambino, le cui capacità sono sconosciute e che in ogni caso devono essere supportate fino all’età adulta, è molto più saggio adottare un adulto le cui abilità possono essere testate.
Tale è la priorità data alla continuità della famiglia che i genitori biologici ricevono pieni diritti sui loro figli anche ben oltre il punto in cui li perderebbero altrove. Il destino del bambino stesso non è così importante quanto quello della famiglia, quindi i bambini abbandonati in una stazione ferroviaria non vengono tolti ai loro genitori biologici anche dopo che questi sono stati identificati.
Legalmente parlando, il patriarcato giapponese non esiste più e ci sono indicazioni significative di erosione di ciò che resta del sistema. Tuttavia, il suo impatto sui tassi di adozione è ancora forte.
Il kegare
C’è anche la questione del kegare, perché un bambino abbandonato non appartiene formalmente a nessuna famiglia, ma è solo e può essere considerato merce danneggiata. Sarà evitato dai datori di lavoro e dalle potenziali partner. Il particolare sistema anagrafico giapponese koseki rende quasi impossibile nascondere il proprio status perché il documento contiene tutte le certificazioni possibili, compreso il fatto di essere stato abbandonato.
Il disgusto per l’adozione è comune anche tra i giovani, e una giovane coppia giapponese senza figli rifiuterà l’idea di adottare. Conoscevo una coppia del genere e, dopo un soggiorno di diversi anni in Spagna, erano tornati in Giappone dove avevano pianificato di provare una terapia per la fertilità. Non riuscivano a capire come avremmo potuto raccomandare così facilmente un’adozione, e lo dicevano apertamente. Un problema molto diverso ma dalle radici simili è il seguente.
Accade sorprendentemente spesso che, alla morte di una donna giapponese sposata con uno straniero, la famiglia rapisca il bambino. Nonostante il fatto sia chiaramente un crimine, nella pratica le magistratura chiude un occhio a danno degli stranieri. Episodi del genere sono incomprensibili al di fuori del quadro del culto degli antenati. Conoscendo invece i meccanismi del medesimo, è immediatamente ovvıo che la motivazione risiede nel desiderio di proteggere gli interessi del clan, anche a discapito di quello dei diretti interessati.