Com’era abitare a Edo?


Domanda: com’era vivere a Edo?

Tokugawa Ieyasu arriva a Edo
Tokugawa Ieyasu arriva a Edo nel 1603

Mi è stato chiesto come fosse vivere a Edo. La prima cosa da fare quindi è spiegare che Edo è  il  nome originale della città di Tokyo, un nome che vuol dire estuario. La città si erge infatti sull’estuario di due fiumi, il Sumida e l’Ara, ed è per questa ragione che il grande condottiero Tokugawa Ieyasu l’aveva scelta come propria capitale. Nel 1603 entrò in quello che allora era un piccolo paese di qualche migliaio di abitanti.in quello che allora era un piccolo paese di qualche migliaio di abitanti.nel giro di tre anni sarebbe stato una città di 1 milione di abitanti. Nel giro di qualche anno sarebbe stato una città di 1 milione di abitanti.

Ieyasu mobilitò quindi tutte le risorse del paese per costruire questa città artificiale, consumando così tanto legname da causare un disboscamento grave in tutto il paese.

Era una città unica nel suo genere, perché specificamente per un compito: aiutare il suo creatore a tenere sotto controllo un popolo che aveva vissuto in quasi continua guerra civile per oltre di tre secoli. Era la prima vera capitale del paese e lo Shogun obbligava con la forza tutti i feudatari più piccoli a passare l’anno a Edo. Ciascuno era costretto a venire a piedi insieme a soldati, attendenti, cuochi, tutto quello che gli serviva insomma e formando quelle che allora venivano chiamate processioni, a volte lunghe centinaia di metri.

La sua popolazione era altrettanto varia  e si parlavano lingue mutuamente incomprensibili. Dal loro mescolarsi nacque per la prima volta una lingua nazionale, comprensibile e studiata in tutto il paese. 

Fu qui che sorse il Giappone moderno, compresa la sua cultura. Kabuki, Noh, Haiòku … quasi tutto nacque nacque o si sviluppò qui.

Era una città dove, sempre per prevenire rivolte,  le classi vivevano separate da numerosissime e severissime leggi: avevano ciascuna un modo di vestire, di abitare, di mangiare, di seppellire tutto loro. Per ciascuna, la pettinatura, il divieto della barba, l’abbigliamento, i mezzi di trasporto e i cibi erano definiti per  legge. E nessuna libertà di scelta.

Al centro di tutto questo c’era il colossale castello dello shogun. Venne distrutto completamente dall’incendio di Meireki nel 1657, ma abbiamo disegni sulla base del quale si è potuto ricostruire un modello.

Di seguito potete vedere anche la zona che circondava il castello stesso, la fortezza dalla quale lo shogun proiettava il suo potere.

La principale divisione  sociale era quella fra samurai da una parte e popolani e mercanti dall’altra.  I samurai erano la classe dominante, e si potrebbe pensare che questo volesse dire che erano la classe più ricca, ma non è così. La classe dei guerrieri infatti di solito era povera a causa della pace che i Tokugawa lavoravano così duro per mantenere.

E un guerriero di professione durante un periodo di pace non solo non serve alla sua funzione originale, ma è sempre alla ricerca di prestiti per far quadrare il bilancio. I ricchi erano i mercanti, e di conseguenza tutta la vita culturale si trovava nella parte della città sul mare, per esempio Nihonbashi, dove circolava denaro a fiumi.

Gli incendi erano il flagello dell’epoca, frequenti e spesso molto gravi. Era per questo che le strade erano così larghe. Si sperava che il fuoco avessi difficoltà a superarle e andare da un isolato dall’altro. Questo di fatto non accadde, ma in compenso impedì lo svilupparsi delle piazze, che sono tuttora del tutto assenti.

Un’altra peculiarità del paesaggio era numerosissimi ponti fatti ad arco. In Europa, dove si costruisce in pietra, l’arco può essere anche sotto il livello del suolo o nell’acqua. In Giappone, dove i terremoti sono sempre una preoccupazione, si costruiva in legno, il che forzava a costruire il ponte completamente al di fuori dell’acqua, rendendo spesso inevitabile l’arrampicarsi almeno nella sua prima parte. La curvatura era determinata da vari fattori, incluse le navi che ci dovevano passare sotto, il traffico che ci doveva passare sopra, la distanza fra le rive.

Qui sopra vedete il ponte di Nihonbashi. La curvatura è leggera e non è un grosso ostacolo alla circolazione, ma che dire di questo?

La cosa aveva altre ripercussioni, quale la rarità dei carretti e della trazione animale. 

Dal profilo igienico e profilattico era una Città senza dubbio avanzata, e per vari motivi. Non solo (al contrario delle grandi città europee) aveva servizi di nettezza urbana che mantenevano le città immacolate, ma gli escrementi umani venivano trattenuti in serbatoi appositi e quindi venduti a mercanti che li compravano con contanti o in cambio di qualcos’altro. Le toilette erano all’aperto e uomini e donne le usavano insieme. 

Da questo nacque un modo di dire ancora usato qualche volta. ”Si incontrano nella puzza.”  (臭いとこで会ってる) vuol dire “sono amanti、” e perfino  le stampe erotiche shunga 春画 ne trattano. C’erano anche i guardoni, disprezzati ma non puniti.

Parlando di punizione, la giustizia di allora era severissima e tre centri sono partiti passati alla storia per la sofferenza inflittavi agli Edokko (questo il nome di un abitante di Edo. I centri di esecuzione di Kozukappara (vicino alla stazione di Minami Senjū), di Kodenmachō  (nell’immagine, vicino a Nihonbashi) e di Suzugamori  (vicino a Shinagawa sono detti essere stato il luogo di morte di oltre 300.000 persone nell’arco di due secoli e mezzo. Una cifra sicuramente inattendibile, ma che in qualche modo da una misura del rigore della giustizia a Edo.

 

 

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