Pietro De Colle afferma che il mio uso della parola animismo non è standard. La definizione solita è chiara, dice. L’animismo consiste nel ritenere che le cose sono vive. E BASTA, dice Peter. Il cristianesimo e l’animismo hanno posizioni diametralmente opposte perché il cristianesimo sostiene che solo gli esseri umani hanno anima. Vorrei quindi spiegare perché uso una definizione più ampia, la seguente.[1]
Animismo è la proiezione inconscia sulla natura da parte di un osservatore umano di caratteristiche fisiche o mentali dell’osservatore stesso.
La mia definizione deriva da quella di Jean Piaget, ampiamente diffusa in antropologia, che definisce il punto di vista animistico come egocentrico.
Peter contesta anche il mio applicare il termine animismo al cristianesimo. Liquidiamo subito questo primo problema. Peter ammette che ci sono “tracce” (termine suo) di animismo nel cristianesimo.
Secondo me sono ben più di tracce, sono inclusioni fondamentali per fare funzionare l’intero sistema. I santi, ad esempio, sono essenzialmente elementi di animismo necessari per sostituire il dio cristiano, un dio che gli studiosi di religione comparata classificano come un dio distante, troppo astratto per venire sentito come reale dalla maggior parte dei fedeli. Ma questa è una discussione da fare in altra sede.
La definizione che Peter cita è solo la più comune, probabilmente a causa dei suoi accenti indubbiamente poetici che catturano la fantasia. Ce ne sono molte altre, che prenderò da Internet così che siano verificabili.
Cominciamo con l’Enciclopedia Britannica[2], di proprietà dell’Università di Chicago, una istituzione che sforna Nobel su base quasi annuale:
Animism, belief in innumerable spiritual beings concerned with human affairs and capable of helping or harming human interests. Animistic beliefs were first competently surveyed by Sir Edward Burnett Tylor in his work Primitive Culture (1871), to which is owed the continued currency of the term.
Manca il riferimento alle cose che vivono. Visto che manca anche nelle altre versioni (Wikisource ha quella, ora in pubblico dominio, del 1911 e già quella non faceva accenno alla definizione standard.), è difficile pensare sia un caso.
La Britannica specifica anche:
The term animism denotes not a single creed or doctrine but a view of the world consistent with a certain range of religious beliefs and practices, many of which may survive in more-complex and hierarchical religions. Modern scholarship’s concern with animism is coeval with the problem of rational or scientific understanding of religion itself.
Non si tratta di una religione ma di una visione del mondo. Non è possibile derivare la definizione di Peter da quella della Britannica. Nemmeno la mia, ma se leggete la seguente frase:
WIkipedia :
Animism (from Latin anima, “breath, spirit, life”)[1][2] is the religious belief that objects, places and creatures all possess a distinct spiritual essence.[3][4][5][6] Potentially, animism perceives all things—animals, plants, rocks, rivers, weather systems, human handiwork and perhaps even words—as animated and alive.
Importante, non tutti gli oggetti sono necessariamente vivi ma possiedono ugualmente una forza spirituale. Tenere presente che questa definizione è supportata da quattro testi diversi. Questa precisazione è fondamentale.
Altra definizione simile
Arriviamo al punto. L’animismo crede in forze impersonali come quelle che ho descritto. La mana non ha carattere e volontà propri. Confronta la mana con i kami del kamidana che ho descritto.
Penso sia chiaro a questo punto che la definizione standard, quella comune che afferma che l’animismo dice che le cose sono vive, è problematica. La mana o certi tipi di kami non sono classificabili con chiarezza, ma sono comunque forze impersonali. È difficile dire che siano vivi.
Note a piè di pagina